L’accoglienza dei profughi si può fare, nonostante le complicazioni burocratiche e le difficoltà. Ecco il racconto dei salesiani cooperatori che hanno coordinato l’iniziativa

Di R. A.

‹‹Anche per te, vorrei morire ed io morir non so››, così cantava negli anni settanta Lucio Battisti, artista libero e sensibile. Con queste parole, riteniamo volesse raccontare la battaglia interiore, che si consuma tra la ragione e il cuore, e che a volte l’animo umano si trova ad affrontare, dinanzi alle richieste esterne di aiuto.
Allora sarebbe opportuno chiedersi: ‹‹Quanto siamo pronti ad andare incontro agli altri e a farci carico delle sofferenze altrui, limitando la nostra vita, per fare spazio a chi è in difficoltà? – Quando verrà il tempo in cui l’uomo sarà disposto a morire per l’altro, in un’epoca che respira una guerra quotidiana immotivata?››.

Oggi vogliamo raccontare la storia di una famiglia siriana, che è stata accolta in Italia e sottratta alla guerra presente a Damasco, al fine di restituire dignità e serenità al suo percorso di vita. Persone, che a causa dei bombardamenti, hanno perso la casa, il lavoro, la vivibilità del loro quartiere, e la possibilità di mandare a scuola i propri figli, visto che molti edifici sono stati requisiti dall’esercito. ‹‹La prima volta che abbiamo visto la guerra in tv, ci sembrava lontana››, così ci hanno raccontato i coniugi siriani. ‹‹Poi ha colpito la nostra abitazione e quindi ci siamo dovuti spostare a vivere verso il centro della città. Per tre anni abbiamo vissuto, in quattro persone, in un’unica stanza, pur continuando a credere nei nostri valori e a partecipare alle attività del nostro oratorio, che ha saputo aiutarci››.

Accoglienza dei profughi

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I due Salesiani Cooperatori, fautori dell’iniziativa, ci hanno così raccontato: ‹‹Lo scorso anno, nel mese di aprile, in occasione del 4° Congresso Regionale dell’Associazione dei Salesiani Cooperatori tenutosi a Pianezza (To), ci siamo incontrati con alcuni delegati e coordinatori della regione Italia-Malta-Medio Oriente. In qualità di incaricati della Pastorale Familiare, abbiamo proposto loro di far venire in Italia, nel periodo estivo, una famiglia siriana, al fine di farla partecipare ad un percorso di formazione, che portiamo avanti da diverso tempo. Questo anche con l’intento di poter ascoltare e condividere, l’esperienza dei nuclei familiari cristiani, presenti a Damasco. Non ci aspettavamo però che, a seguito di questa nostra proposta, una famiglia della Repubblica Araba, ci chiedesse aiuto al fine di poter venire, anche con i figli, in Italia, senza contravvenire alle leggi, a causa dell’invivibilità portata dalla guerra››.

Per realizzare questo progetto, almeno nella prima fase, è stato fondamentale il sostegno e la collaborazione di due associazioni: “Cerchi d’Onda Onlus” e “Salesiani Cooperatori”. Esse si sono messe in moto, al fine di realizzare il sogno di queste persone, costrette a lasciare la loro terra di origine. Una volta arrivate in Italia, è stata preziosa la rete umana che si è creata, grazie alla generosa disponibilità di persone dell’Opera del Borgo Ragazzi Don Bosco, del Centro Astalli e della Caritas. Un grande aiuto è venuto soprattutto dalle anime più semplici, che hanno saputo donare la propria disponibilità, trovando un confortevole alloggio per questa famiglia e tutti i mezzi di primaria necessità, realizzando così tanti inaspettati piccoli miracoli. È stata una bella e comune azione di misericordia.

‹‹Noi coordinatori, nel tentativo di rispettare la legge, ci siamo spesso scontrati con i lunghi tempi della burocrazia italiana, provando sovente frustrazione e andando incontro a cocenti delusioni. Inoltre, abbiamo avuto timore di non riuscire a rispondere, in modo adeguato, alla richiesta di aiuto che ci veniva fatta dal Medio Oriente. Quindi, un grande senso di inadeguatezza. È stata comunque una esperienza di forte condivisione, dove il senso di abbandono, che vivono queste persone, ha turbato profondamente la nostra anima. Per questo motivo, si è cercato di integrarli negli ambienti che frequentiamo. Non è stato semplice, ad esempio, trovare una scuola che potesse ospitare questi bambini siriani e non è stato facile aprire un varco, per questo grido di dolore venuto da lontano. Abbiamo trovato diversi ostacoli lungo il cammino, ma poi tutto è andato a buon fine, restituendo ad una famiglia il sapore dell’equilibrio e della quotidiana normalità››.