In cortile arriva questo giovanotto biondo, sul metro e sessanta, che non dimostra più di 15 anni.
Lo sguardo però non è certo quello di un quindicenne. Di sguardi così ne ho visti tanti, è di chi è cresciuto troppo in fretta in mezzo a palazzi tutti uguali, approcciando alla tossicodipendenza, scoprendo precocemente la strada e piccoli espedienti. Ormai l’esperienza in tal senso non mi manca, l’assenza di amore e quindi di educazione so ben riconoscerla.
Andrea, questo il Suo nome, è un attaccabrighe di prim’ordine; prova ad appiccicarsi con i più grandi, soprattutto con noi educatori. L’unica regola che sembra conoscere è la sua, perché in fondo è quella che gli ha sempre permesso di andare avanti.
Il nostro rapporto non è dei più semplici, ci vuole tempo perché si instauri un certo tipo di fiducia, c’è una differenza tra noi che neanche il mestiere dell’educatore può colmare, a parte quello dell’amore, ovvio. E piano piano avviene il miracolo. Non è il rispetto per le regole del cortile, quello no; comincia però a fidarsi, a parlare di sé.
Vive solo con la mamma e il fratello più piccolo, di cui si deve occupare quando la mamma non c’è. È lui che pensa al pranzo, che lo va a prendere a scuola.
Ed è per il fratello che Andrea è diventato un ladro di futuro. Mi racconta come avendogli staccato la corrente a casa, cominciò a rubare la corrente collegando la rete di casa ad un altro contatore. “Hai fatto una cosa molto pericolosa, oltre che illegale”, dissi chiedendomi tra me e me se il racconto fosse vero o meno.
“Mio fratello non può studià ar buio, Chicco”. Che vuoi rispondergli a un ragazzetto così sveglio e geniale, che spera per il fratello un futuro diverso da quello di tanti ragazzi.
Certo, molti vedrebbero nell’azione di Andrea solo la pericolosità e l’illegalità dell’azione, come ho fatto io all’inizio del resto. Ma l’educatore che è in me ci vede anche uno spiraglio per tirarlo fuori dalla strada. Butto giù un progetto personalizzato, coinvolgo la mamma, prendo contatti con il Centro Accoglienza Minori, proprio qui, al Borgo don Bosco, per vedere se è possibile attivare un percorso da elettricista, cerco fondi per fare in modo che si realizzi!
Ma sono troppo lento. Perché il mondo da cui viene Andrea, non ha bisogno di fondi o di chiedere soldi tramite bando; non ha a che fare con i tempi di una burocrazia a volte esasperante e le promesse di alcuno. Ed è così che gli Orchi che animano questa suburra, trovano in giovani come lui un continuo ricambio alla manovalanza necessaria per i loro affari.
Nello stesso momento in cui comincia a mettersi nei guai, Andrea smette di venire in cortile, non risponde al telefono, sparisce dai radar. Sarà solo grazie a un suo amico che vengo poi a sapere che Andrea è recluso in un carcere minorile. “A trovarlo”, mi dice questo amico “non ci va nessuno, neanche la madre.”
Io subito cerco di ottenere un permesso per andarlo a trovare, ma è estremamente difficile; in fondo non ero nessuno per Andrea. Come riesco ad ottenere il permesso, mi fiondo a Casal Del Marmo. Una volta arrivato la guardia mi accoglie brevemente e si allontana per comunicare la visita ad Andrea; torna poco dopo, dicendomi che il ragazzo si era mostrato visibilmente sorpreso della mia visita “E che vole!” gli aveva detto Andrea “abbiamo sempre litigato!”. È vero” rispondo io abbozzando un sorriso “abbiamo sempre litigato”.
Il momento dell’incontro dura trenta minuti, cinque li passiamo abbracciati; mi abbraccia come se fossi stato il padre, e comincia a parlare, a parlare … Per buona parte dell’incontro ho sempre ascoltato e mai parlato. Le orecchie mi pulsano come se il cuore fosse lì, non riesco a seguire tutto il filo del discorso. Una frase però cattura la mia attenzione “è che m’anno promesso che mo’ di mio fratello se ne occupano loro, non je fanno mancà nulla, posso sta dentro tranquillo”. Rabbrividisco, gli risparmio il mio pensiero su questa sorta di solidarietà perversa, ma stringo i pugni per la rabbia. Veniamo fermati dalla guardia che ci comunica che era appena trascorsa la mezz’ora a disposizione. Nel salutarci gli prometto che al fratello ci pensiamo noi, e che quando uscirà dal carcere penseremo anche a lui.
Ma di Andrea dopo il carcere si perdono le tracce. È un’occasione persa Andrea, una risorsa trasformata in danno perché tutti noi siamo arrivati tardi.