Prima i fatti di Tor Sapienza, adesso un terremoto ancora maggiore che sconvolge Roma e la mette in vetrina davanti a tutta la nazione. In entrambi i casi si parla di immigrati, di rom, di detenuti, di poveri. Nel primo caso sarebbero la causa del degrado delle periferie, nel secondo caso addirittura l’occasione di un business della malavita. Premesso che fino a che non si prova la colpevolezza tutti devono essere considerati innocenti, nondimeno emerge una situazione inquietante: un sistema (almeno in molti casi) corrotto e che specula sulla pelle dei poveri e degli stranieri. Il tutto, unito a una crisi di cui non si vede la fine, origina semplificazioni, conclusioni spicce e luoghi comuni che si sprecano: “chiudiamo i campi”, “mandiamoli a casa”, …
Giustamente da più parti si invita a fare delle distinzioni, per dire che non è tutto marcio, che ci sono sì dei disonesti da isolare, ma che ci sono anche tanti onesti da lodare nell’amministrazione di Roma; tutto vero, ma è pure opportuno fare questa distinzione all’interno del mondo del sociale, che ha ricevuto l’ennesimo schiaffo in faccia e pozzanghere di fango addosso, per colpa di qualcuno. Gli schiaffi quotidiani sono i continui tagli, il fango è l’insinuazione che stare coi poveri è un affare, minando alla base la stessa ragion d’essere dell’attenzione agli ultimi. E il fango è peggiore perché una volta che lo hai ricevuto non va mai via del tutto…
Pensiamo allora che sia giusto e doveroso in questi momenti sottolineare il bene che c’è a Roma e il tanto bene che si fa nel mondo dei poveri, degli immigrati e dei rom. E tutto ciò grazie al mondo degli operatori e del volontariato che ogni giorno ad essi si dedicano senza alcun vantaggio personale (anzi…), grazie alle tante esperienze in cui i (pochi) contributi pubblici vengono spesi fino all’ultimo euro per i poveri e in cui le stesse persone più in difficoltà interagiscono bene con gli altri e realizzano percorsi riusciti di inserimento lavorativo e sociale, diventando “risorsa” e non “problema”.
Ci piace pensare di essere una di queste esperienze. Il nostro spaccato è quello del mondo giovanile, forse il più a rischio in tutta questa baraonda. Al Borgo Ragazzi don Bosco ogni giorno si incontrano centinaia di ragazzi delle provenienze più varie, per imparare un mestiere, per aver un aiuto, opportunità formative, per fare attività ricreative sane o semplicemente per avere un’altra (forse l’ultima) possibilità. Qui trovano un ambiente accogliente e una comunità di persone disposta a voler loro bene e a camminare con loro. Ebbene possiamo dire che quando i giovani sono messi in queste condizioni, sono davvero capaci di svegliare o di risvegliare risorse insospettate e si vedono veramente i miracoli. Ce lo ha insegnato don Bosco. Qui tanti giovani cresciuti all’interno e tanti altri che vengono da fuori trovano l’opportunità di spendere tutto o parte del loro tempo ed energie al servizio di una missione grande, dimostrando nei fatti che un’alternativa all’individualismo è possibile, che la logica del dono non solo va ancora di moda, ma che è l’unica nel lungo periodo che può dare pienezza di vita.
Ovviamente neanche il Borgo don Bosco è il paese delle favole e con tanti ragazzi non riusciamo, magari però ci riescono altri nostri amici con cui siamo in rete: ecco l’importanza della “rete”, del fare insieme, di non cadere nella trappola che prende anche il sociale che per pochi spiccioli si finisce per azzannarsi tra poveri, alimentando il fenomeno che oggi è sotto gli occhi di tutti. Occorre fare rete nel mondo cattolico, superando barriere e pregiudizi, fare rete con il resto delle realtà che operano nel mondo del sociale.
Sarebbe davvero bello se i mezzi di informazione potessero dare anche queste notizie, far vedere che esistono cose belle. Dovrebbe essere scontato, ma purtroppo non lo è. Vorremmo alzare la voce “silenziosamente”. Sembra un ossimoro ma non lo è, perché abbiamo il dovere di mettere in evidenza il bene (alzare anche la voce), ma un bene che cresce come cresce una foresta: silenziosamente. Nessuna rivendicazione, solo amore per la verità. Non è giusto per nessuno prestare l’orecchio al solo rumore dell’albero che cade.
Don Stefano Aspettati