La storia che vi racconto è quella di Hamed, uno dei protagonisti del Centro di Formazione Professionale, al quale ho dedicato 30 anni della mia vita; e a cui anche don Bosco ha dedicato molto della sua vita. I ragazzi della Formazione Professionale sono i ragazzi di don Bosco perché erano e sono anche oggi i ragazzi più deboli, quelli che hanno bisogno di don Bosco.

Amed era musulmano; io insegnavo religione e seguivo i ragazzi del Centro di Formazione Professionale come animatore salesiano. I ragazzi musulmani erano quelli più affezionati all’ora di cultura religiosa e quando dicevo loro, avendo io la prima ora, di poter arrivare un po’ più tardi, loro manifestavano il loro interesse: “ci piace ascoltare queste cose!” dicevano!

Io e Hamed, però, non andavamo affatto d’accordo, litigavamo sempre: io lo riprendevo perché arrivava in ritardo a scuola e perché si comportava male. Arriva, ad un certo punto,un periodo in cui non viene più a scuola. Dopo 8 giorni che non lo vedevo, ho cominciato a preoccuparmi e ad interessarmi della sua storia. Conoscendo il padre (Hamed era stato adottato), lo chiamo per sapere del figlio e lui mi dice: “Ah! Ce ne ha fatta una grossa! … Sta in galera! … sta al carcere minorile”. Dico io: “Ma sei andato a trovarlo?”. Risponde: “Ah! Io non ci vado, non se lo merita, pure la madre non lo vuole vedere!”. “Quindi non andare a trovarlo?”. “No”.

Io ho subito cercato di ottenere un permesso per andarlo a trovare ma era estremamente difficile; finalmente riesco ad ottenere il permesso per entrare a Casal Del Marmo. Una volta arrivato la guardia mi chiede se fossi stato il padre, lo zio, il nonno … Rispondo io: “No, sono un prete”. “E perché viene a trovare il ragazzo?”. “Perché so che non è venuto nessuno a trovarlo, neanche i genitori!”. La guardia si allontana per comunicare la visita ad Hamed; torna poco dopo, dicendomi che il ragazzo si era mostrato visibilmente sorpreso della mia visita “E che vole!” gli aveva detto Hamed “ abbiamo sempre litigato!”. “E’ vero” rispondo io “abbiamo sempre litigato. Ed è proprio per questo sono venuto!”.

Ci siamo incontrati: avevamo solo mezz’ora di tempo per la visita. Appena Hamed mi vede, mi abbraccia … e pensare che avevamo sempre litigato! Mi abbraccia come se fossi stato il padre (o forse il nonno!) e comincia a parlare, a parlare … non la smetteva più, tanto da non essere riuscito ad inserirmi mai nel discorso. Ho sempre ascoltato e mai parlato. Siamo stati fermati dalla guardia che ci comunicava che era appena trascorsa la mezz’ora a disposizione. Nel salutarci gli ho chiesto una cosa che già sapevo: “Ma tuo padre è venuto a trovarti?”. “No ma io nemmanco lo vojo vedè! Ma neanche lui me vole vedè …”. Mi ha abbracciato e ci siamo salutati così. Purtroppo non ho più avuto modo di incontrare Hamed e non so quale strada abbia intrapreso e quale sia stato il suo futuro. So però che quel giorno il protagonista di quell’incontro è stato don Bosco; sicuramente nel cuore di Hamed sarà rimasto questo affetto che don Bosco gli ha dimostrato attraverso un salesiano da cortile. Perché i salesiani che sono e sono stati al Borgo Don Bosco sono i salesiani da cortile, ovvero quelli che stanno in mezzo ai ragazzi, soprattutto a quelli che hanno più bisogno di tutti gli altri. Proprio come i ragazzi che andavano da don Bosco.

Ho avuto modo di raccontare questa storia anche a Papa Francesco che si è mostrato molto commosso e alla fine del racconto ha aggiunto: “Eh! Ma voi salesiani, per queste cose, siete unici!”.