di don Stefano Aspettati
8 dicembre 1841. Don Bosco fa un incontro che gli cambierà per sempre la vita. Mentre sta preparandosi alla Messa nel giorno dell’Immacolata sente un trambusto: il sagrestano sta rincorrendo un ragazzo che si è introdotto non si sa se per rubare o per cercare qualcosa da mangiare; don Bosco invita il sagrestano a fermarsi e a smettere di picchiarlo. La conversazione che segue tra don Bosco e il ragazzo, il cui nome Bartolomeo Garelli diviene celebre nella storia salesiana, è tutto un tentativo progressivo di conquistare il suo cuore. Il dialogo è incalzante, don Bosco fa un sacco di domande, quelle che potevano essere consuete all’epoca tra un sacerdote e un ragazzo (ma non era affatto consueto che un sacerdote si fermasse a parlare con un ragazzo), senza mai risultare invadente o noioso; anzi chiama l’interesse di Bartolomeo fino a suscitare in lui il desiderio di un catechismo personalizzato.
Il lavoro che ogni giorno al Centro Minori, ma direi in tutto il Borgo, si fa è di dare una risposta personalizzata a ogni ragazzo, proprio come il “catechismo a parte” di don Bosco a Bartolomeo.Cucire un vestito su misura per ogni ragazzo, dirà altrove. Questo è un anno in cui in tutto il Borgo, sospinti dalla Strenna del Rettor Maggiore e dal Sinodo dei Giovani, cerchiamo di (ri)mettere al centro l’importanza dell’accompagnare e del farsi accompagnare. Quanto è importante apprendere sempre di più questa arte, quanto è importante che assumiamo tutti sempre più questo tratto: accogliere, mettersi accanto, scoprire umilmente quali siano i punti di accesso alle ricchezze che ognuno porta dentro di sé per farle emergere! E direi che è soprattutto importante in un mondo che tende a omologare tutti, come dice il Papa, a scartare chi non riesce a essere come gli altri. Ma anche perché davvero ciascuno di noi è portatore di ricchezze uniche e talvolta insospettabili.
Ciò che conclude il dialogo tra don Bosco e Bartolomeo è quello che si ricorda ogni 8 dicembre in tutte le case salesiane del mondo, ossia quell’Ave Maria detta insieme. Il motivo che spinse don Bosco a fare quella preghiera è riportato nelle Memorie Biografiche: “perché la Madonna gli desse la grazia di poter salvare quell’anima”. L’educazione è una cosa del cuore e solo Dio ne ha le chiavi, diceva don Bosco. Affidare nelle mani di Maria, di questa buona mamma, ogni ragazzo, ogni persona, ogni famiglia è la cosa più alta che possiamo fare. Perché noi possiamo fare tanto, certo, ma siamo strumenti: Dio e Maria hanno le chiavi dei cuori e dei tesori che ognuno ha.