Carissimi, sono giunto quasi al termine della mia esperienza di ministero al Borgo Ragazzi don Bosco, il nostro amato Borgo. Non ci sono parole per descrivere l’accumulo di sensazioni dentro di me, ma una emerge sulle altre (deve emergere sempre sulle altre!) ed è il senso di gratitudine.

Ho avuto in questi sette anni la possibilità di stare con persone eccezionali, primi tra tutti i miei confratelli della comunità salesiana (la mia famiglia), i prenovizi che si sono avvicendati in questi sette anni, tutti i collaboratori e corresponsabili della missione educativa al servizio dei giovani e delle famiglie, siano essi volontari, formatori, operatori, animatori, famiglie.

Ho trovato una comunità matura da cui ho imparato tanto (almeno spero…) nel suo insieme come da tanti suoi membri nel particolare. Davvero vi porto tutti nel cuore e nella fatica del distacco sono tranquillo perché in Cristo i legami, quelli veri, non si perdono, ma si trasformano.

Ma soprattutto ho imparato tanto dai ragazzi, specie quelli più in difficoltà, i più poveri, di cui questa opera si occupa in maniera preferenziale. Non mi sento in realtà molto più competente di prima nel lavorare con loro, ma certamente li porto ancora più nel cuore. E quando questi ragazzi – i nostri ragazzi, i ragazzi di don Bosco – ti entrano nel cuore non ne escono più, perché penetrano come una lama e compiono quello che compie la Scrittura: “come una spada a doppio taglio… penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non v’è creatura che possa nascondersi… , ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi… noi dobbiamo rendere conto” (Eb 4,12-13). Quanto si dice della Parola di Dio vale per i nostri ragazzi, la nostra Parola di Dio, il modo ordinario con cui Dio parla a un educatore. Essi ci scrutano, ci mettono alla prova, senza saperlo cercano di farci crescere.

I ragazzi come i nostri non ti si staccano perché non puoi mai dire “ecco adesso loro sono a posto e io con loro” perché avranno sempre qualche difficoltà, qualche problema e nella migliore delle ipotesi si porteranno sempre dietro ferite troppo profonde, lasciando a loro volta in noi sempre il senso del limite e dell’incompiuto. Ed è una benedizione anche questa, da cui non sfuggire.

Il Signore sa quanto non sono stato all’altezza di una cosa così grande. Chiedo perdono a Lui e a voi di tutte le mancanze; davvero penso a quanto bene in più il Signore avrebbe potuto compiere se avesse trovato una persona con più fede di me… Non sono mancate neppure fatiche, difficoltà, incomprensioni; tutto ormai lontano, tutto affidato alla misericordia di Dio.

Ma, mi ripeto, è troppo più grande il senso di lode al Signore per quanto mi ha regalato stando qui. È stato davvero un onore aver fatto parte per un pezzettino (il 10%!) della storia di questa opera così gloriosa; l’averla potuta ripercorrere in questo settantesimo anno è stato un’altra delicatezza di Dio.

A te caro don Daniele, chiamato a essere il nuovo direttore, ogni bene e fecondità in questa comunità che ti accoglierà così come ha fatto con me e che ti entrerà nel cuore  come ha fatto con me.

Coraggio caro amato Borgo, continua a fare storia di accoglienza, di formazione, di sostegno per tanti giovani e famiglie; continua a essere “casa di pace”; continua a essere, come voleva don Bosco, segno credibile dell’amore preferenziale di Cristo per i giovani soprattutto i più poveri; fallo sempre di più come comunità di persone che si vogliono bene e che sono convinte che “per educare un solo ragazzo ci vuole un villaggio”.

Buon cammino, Dio vi benedica e Maria Ausiliatrice vi protegga!