Intervista a don Vittorio Cunsolo, incaricato dell’Oratorio – Centro Giovanile del Borgo Ragazzi don Bosco.
Parliamo di cose attuali … l’Ave Maria, il Padre Nostro erano per noi delle pietre miliari. Adesso scopriamo che il Padre Nostro è cambiato e siamo un po’ tutti disorientati … Che succede?
Succede che gli studi, grazie a Dio, vanno avanti e le traduzioni migliorano. La tradizione ci portava a recitare il Padre Nostro dicendo “non ci indurre in tentazione”; però se ci si riflette un attimo, ci viene da dire “possibile che questo Dio così buono induce, addirittura, i figli a tentare? Li induce al male?”. Questa cosa decisamente non torna. Infatti, la traduzione esatta è “non abbandonarci”, cioè nel momento della tentazione dire “Io ho bisogno di Te, da solo non ce la faccio”. Riconoscere che nel momento della prova (quando arriva la malattia, quando arrivano le tentazioni che bussano alla porta di chiunque) dire “Io non ce la faccio da solo, ho bisogno di una forza dall’alto, ho bisogno di aiuto Papà”. Questo grido che sale al cielo, Dio lo ascolta. Quindi, la nuova traduzione sembra decisamente più lineare con il vero significato, ovvero “non ci abbandonare nelle tentazioni”. Tra l’altro, questa traduzione era già nella Bibbia del 2008; adesso è stata recepita dal Messale Romano che è il libro usato dai preti quando dicono la messa.
Ma allora, giocando un po’ con le parole, perché ci hanno indotto in errore? In realtà la traduzione è sicuramente più corretta così perché è difficile pensare ad un Dio che ci induce in tentazione … è più da noi essere umani lasciarsi andare alle tentazioni. Ora bisognerà abituarsi … ma ci vorrà del tempo …
Sicuramente, l’importante però è avere chiara l’intenzione. Un Papà buono, come lo conosciamo noi, non può indurci in tentazione anzi fa di tutto per starci vicino, però ci esorta a chiederglielo; proprio perché Lui è molto rispettoso della nostra libertà. Come ogni papà, ci educa a dire “Ma vuoi veramente che ti sto accanto? Hai bisogno di me?”.
Questa cosa è stata incoraggiata da Papa Francesco che è una persona molto riflessiva … la cosa particolare che mi ha scatenato, è la possibilità di pensare durante le preghiere, perché molto spesso si ripetono le preghiere come una sorta di mantra, come una sorta di poesia, senza riflettere sulle parole che si stanno dicendo. Invece, fermarsi a pensare a ciò di cui si sta parlando, al suo significato, potrebbe essere una sorta di innovazione, cioè la preghiera vista come una sorta di pensiero…
Certo, è la preghiera del cuore. Io ai miei ragazzi dico: “Vuoi parlare con Dio? Volgi gli occhi al cielo e parlaci, arrabbiati pure, dì quello che pensi, sfogati, chiedi il perché di alcune cose che ti capitano, chiedigli aiuto, chiedigli scusa quando senti che hai sbagliato; ma parlaci così”. Il Padre Nostro, l’Ave Maria e le altre preghiere della tradizione sono utili, basta che non diventino preghiere recitate a pappagallo dove parlano soltanto le labbra mentre il cuore e la mente sono altrove.
Da quanto ci sarà la nuova versione del Padre Nostro?
L’Assemblea dei Vescovi ha dato l’ok; adesso deve passare alla Santa Sede. Forse ci vorrà ancora un anno o giù di lì ma non si sa esattamente.
Ma la novità riguarderà anche la preghiera del Gloria?
Si, “gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà” è la vecchia traduzione; quella nuova prevede “e pace in terra agli uomini amati dal Signore”, questo mette l’accento sull’amore. Mette più l’accento su Dio e meno su di noi; quindi non siamo più noi che con la nostra buona volontà ci meritiamo l’amore di Dio, perché siamo dei pasticcioni e ne combiniamo una dopo l’altra, ma è Lui uno che ama a prescindere.