Ci piace cominciare questo racconto con una citazione dello scrittore francese Victor Hugo, che di questi tempi, visto il tunnel oscuro che stiamo attraversando come nazione e non solo a causa di questo nemico invisibile, è utile sicuramente ad infondere negli occhi di tutti noi, annebbiati dalla paura e il timore di qualcosa che non controlliamo, un po’ di quel sano ottimismo che riaccenda un lume di speranza, speranza di potercela fare ed uscirne fuori più forti di prima…

Messa da parte una doverosa introduzione, non è sul coronavirus che ci vogliamo concentrare, bensì sulla quotidianità che si sta portando avanti in mezzo al timore e alle mille difficoltà che circondano ‘’ la casa ‘’ dove vivono dieci ragazzi minorenni, che come tutte le famiglie, sono bloccati da un mese con il divieto di uscire, dieci ragazzi soprattutto vivaci ed estremamente paraventi (direbbero a Roma) che abitano la nostra Casa Famiglia del Borgo Ragazzi Don Bosco. Abbiamo deciso di raccontare una “giornata tipo” in questo tempo particolare in cui siamo chiamati a restare tutti a casa, utilizzando lo stile della leggerezza e dell’ironia, elementi indispensabili visti i tempi che corrono.

Tutto incomincia più o meno verso le 8 e 30 del mattino, quando l’educatore che ha fatto il turno della notte, con qualche occhiaia in più ed ore di sonno in meno, prima di dare il cambio a quello successivo, comincia il giro delle stanze per svegliare i ragazzi che a breve dovranno assistere alla cosiddetta ‘’Didattica Online’’, un sistema di fare scuola ingegnato in tempi record dalle scuole per non far perdere “ai poveri studenti sventurati” il programma didattico annuale. Ebbene si chiama Didattica Online, perché tramite email il professore invia un link che il gruppo classe, avvisandosi tramite WhatsApp, aprirà dal cellulare o dal computer, per dar via ad una vera e propria lezione di scuola dove da casa con una telecamera accesa, lo stesso insegnante svolgerà l’argomento della sua materia.

Ora, fin qui il tutto sembra scorrere in modo lineare, se non fosse che la particolarità di queste lezioni consiste nel fatto che per evitare sovraccarichi alla connessione e rumori di sottofondo, possono essere seguite dai ragazzi con telecamere e microfoni spenti… insomma la classica lezione di scuola che tutti noi più grandicelli, nessuno escluso, avrebbe sognato di seguire nel più bello dei sogni. Proprio per questo si può notare come i ragazzi fenomenali nel cavalcare questo tipo di situazioni, comincino ad ingegnarsi per far finta di seguire la lezione ma al contempo siano tentati a fare ‘’ben altro’’: qualcuno segue le lezioni perpetuando il rito della colazione all’infinito, qualcun altro intanto ha provato a iniziare un circuito di addominali e pesi, c’è chi prova a chiederti se nel frattempo può aiutarti a cucinare, ci sono teste appoggiate ai muri o sui tavoli con gli occhi chiusi per dormire ma dare l’impressione allo spettatore esterno (quando si viene richiamati dal professore) di riflettere intensamente … e gli improperi del povero educatore, mutato nel ruolo della guardia assillante che sconsolato deve far di tutto per pedinarli e tanare i loro tentativi di imbroglio confluiscono nella mirabolante colonna sonora dei rispettivi telefoni, in assenza di cuffie (sì, perché tutti nel frattempo hanno smarrito cuffie e auricolari che poi magicamente ricompariranno in altre fasi della giornata) che radunati nel salone d’ingresso e nelle stanze di casa, emettono dai microfoni voci di professori di lezioni diverse con toni diversi, che pian piano si propagano nell’ambiente donando un effetto di totale rintontimento culturale dei sensi.

Il tutto prosegue senza sosta fino alle 13 e 30, dove finalmente la casa si ferma e gli animi si accomunano in coro per un intento caro a tutti ovvero quello de “Magnà”.

Si deve sapere che il mangiare in Casa Famiglia è qualcosa che non manca mai, oggi una carbonara, domani un’amatriciana (i ragazzi prediligono questi piatti “leggeri “della tradizione culinaria romana) ed ecco che da un giorno all’altro la bilancia rivendica la tara.

A parte questo aspetto, lo stare a tavola è un momento delicato quanto prezioso, delicato perché si raggruppano insieme tutti gli umori del momento: antipatie, simpatie e quelle rabbie che possono innescare in poco tempo una vera tempesta, prezioso perché ci si ascolta guardandosi negli occhi, raccontando storie o commentando i fatti del giorno dove ciascuno liberamente può esprimere la sua opinione ascoltando quella dell’altro. In questo tempo lo stare a tavola è divenuto ancora di più il momento nel quale ci aggiorniamo tutti reciprocamente sull’andamento di questa terribile pandemia, si condividono le preoccupazioni, si dà voce a riflessioni e si ricordano a tutti le indicazioni su come rispettare le distanze, sull’igiene personale e dei locali.

E così dopo un caffè divenuto oramai leggenda, grazie soprattutto al valore aggiunto della famosa “cremina”, un intruglio mortifero di zucchero e caffè, capace di regalarti un indice insulinico degno del peggior diabetico, il pomeriggio si avvia organizzando qualche attività con i ragazzi: a turni di due, mantenendo le distanze, si possono tirare calci al pallone, iniziare infinite partite a scacchi e burraco, tornei accaniti alla Play Station, accesi scambi di opinione, e test culinari per sfornare il dolce o la torta giusta in grado di addolcire le complicanze del momento.

Durante il giorno alcuni operatori degli altri servizi del Borgo che in questo momento sono chiusi, ci aiutano con la spesa, lasciandola fuori al cancello e il poterci salutare e ringraziare fa sentire i ragazzi benvoluti da tutti, come lo è sempre stato. Questa è proprio una cosa che fa tanto bene soprattutto in un momento nel quale, come tutti, non possono ricevere visite da parenti o incontrarli fuori. In un attimo ci si ritrova trasportati al momento della sera, che oltre al cambio tra educatori, che in questo tempo hanno preso la decisione di allungare l’orario della propria presenza per ridurre i cambi turno, vede il suo svolgimento accompagnato da un dolce poltrire sui divani della sala Tv, mentre qualcuno invoca il “dio televisore” affinché trasmetta oggi un horror o una commedia e domani una partita.

La mezzanotte scocca silenziosa e soporifera, i ragazzi stanchi e come tutti gli adolescenti anche un po’ annoiati dalla routine, salgono lentamente le scale che portano alle stanze, pregando in cuor loro prima di addormentarsi che tutto questo finisca presto e che i giorni finalmente ricomincino ad avere un nome. Qualcuno che faceva già precedentemente un po’ di fatica ad addormentarsi ha bisogno di una rassicurazione in più e poi cala il silenzio assordante su una via Prenestina irriconoscibile da questo punto di vista.

Sì, è proprio così! Giornate, settimane, stagioni che sembrano senza nome. Un anonimato crudele e deleterio che sembra impattare sulla bellezza del vivere e dello stupirsi della vita come diceva Oscar Wilde, ma che Noi, come Casa Famiglia del Borgo Don Bosco, tutti assieme con le nostre fatiche, le nostre debolezze, i nostri dubbi, le nostre risorse e i nostri talenti cerchiamo di avallare, mettendoci a disposizione di questi vivaci e meravigliosi ragazzi, capaci con la loro freschezza, imprevedibilità ed energia sfacciata, di aprire una breccia di positività e speranza li dove l’occhio adulto non riesce.