Celebra i sessantacinque anni il grande centro di accoglienza e formazione che, nella periferia Est di Roma, aiuta i ragazzi a trovare la propria strada.
di Lucia Aversano
Sessantacinque anni fa, in un Italia reduce dalla seconda guerra mondiale, i salesiani radunavano gli sciuscià alla stazione Termini e li accoglievano nei locali di un centro salesiano lì vicino. A un certo punto erano diventati più di 300, così che dovettero spostarsi sulla Prenestina, dove l’esercito inglese stava lasciando una sua base su Roma. Nasce così Borgo don Bosco, che quest’anno celebra il suo sessantacinquesimo anno di attività. Quei capannoni sono diventati punto di riferimento per i giovani romani di ieri e di oggi, i quali trascorrono il loro tempo tra attività dell’oratorio, scuole professionali e non solo.
Don Stefano Aspettati, direttore del Borgo, spiega che per celebrare quest’anniversario è stata scelta una frase che, oltre a racchiudere l’essenza stessa dell’opera salesiana, suona anche come monito per tutti: «i nostri giovani, il vostro domani». Un monito perché «don Bosco ci insegna a guardare alla problematica giovanile in maniera più approfondita: sono tanti i bisogni dei giovani, sono tanti anche i quelli sommersi e dunque occorre grattare la superficie per scoprirli, perché spesso la società tende a rappresentare i ragazzi, specialmente quelli più difficili, in maniera stereotipata, in termini di violenza e devianza.»
Il Borgo ragazzi don Bosco per molti giovani cosiddetti difficili rappresenta l’ultima spiaggia per poter costruire un futuro migliore. Esiste infatti nel Borgo, oltre alla Casa famiglia, un centro diurno per adolescenti per i quali il Tribunale ha deciso la “messa alla prova”. Tutto inizia venti anni fa, nel ‘92, quando il nuovo codice di procedura penale minorile inserisce l’affidamento ai servizi sociali fra le pene alternative. «Normalmente – spiega Alessandro Iannini, coordinatore dell’area disagio – i ragazzi vengono da noi con questi progetti (dei servizi sociali ndr) e noi gli aiutiamo a prendere la licenza media o a imparare un mestiere, a svolgere attività secondo quelli che sono i propri interessi. Prendi un ragazzo che magari è stato arrestato per furto di motorini, cui tu cerchi di dimostrare che non è vero (vista la serie di fallimenti) quello che lui pensa, e cioè che non è capace di fare niente, perché in realtà ha molte competenze: già solo saper rubare un motorino, smontarlo e vendere i pezzi o rimontarlo su un telaio non rubato è una capacità… Così è nato il corso di aiuto meccanico».
I progetti sono fatti a misura di ragazzo, «al colloquio preliminare siamo chiari: qui si viene due ore al giorno, non ci sono libri, non ci sono quaderni e non si portano i compiti a casa (e già lì vedi il ragazzo che si tira un po’ su dalla sedia). Devi portare una cosa che a scuola non portavi mai: la testa». Il rapporto tra educatori e ragazzi è uno a uno e si fanno piccoli passi ogni giorno e il giorno dopo si riparte. Anche se per questi ragazzi il giorno dopo può voler dire una settimana dopo, perché sono incostanti». Si inizia a lavorare sulle competenze di base: prima la presenza, poi la puntualità poi il rispetto dell’impegno fino alla responsabilità e lentamente prendono la licenza media o imparano un mestiere.
C’è poi la casa famiglia, che ospita 8 ragazzi che vengono seguiti fino alla maggiore età, con l’obiettivo di inserirli lavorativamente e abitativamente in modo da renderli autonomi. A 18 anni per la legge si è maggiorenni e quindi si è, in teoria, adulti. «Quale ragazzo in questa società di oggi lo è? Ragazzi già svantaggiati dall’inizio, prima si collocano in casa famiglia e poi a 18 anni gli devi dire “ok adesso sei maggiorenne, vai per la tua strada perché le istituzioni non pagano più la retta”». Nonostante ciò il Borgo si attiva per seguire i ragazzi anche dopo la maggiore età. Un lavoro complesso, quello dell’area disagio, che il Borgo cerca di accogliere e sostenere, anche con le poche risorse a disposizione e nonostante in questi periodi di vacche magre non sia sostenuto adeguatamente dalle istituzioni. Un motivo in più per celebrare questo anniversario, ricordando che i salesiani ci sono sempre stati e continueranno ad esserci e per ringraziare tutte le persone del territorio, che da sempre si attivano in favore dei giovani.
Testo tratto da: http://www.young4young.com/news.php?id=1562