di Angela Garreffa
Si è svolta ieri in Campidoglio la presentazione della ricerca “Capitale Adolescenti. La sfida del passaggio all’età adulta in una società complessa”: non solo una condivisione di dati e risultati, ma soprattutto un momento di riflessione e di ascolto.
Don Leonardo Mancini, superiore salesiano dell’Ispettoria Centrale, accoglie i presenti, rivolgendo un particolare saluto a tutti i giovani, molti, presenti in sala. Questa ricerca, svoltasi nell’anno del bicentenario della nascita di don Bosco, vuole dire a gran voce che «non siamo stanchi dei ragazzi che invadono i nostri spazi, il nostro cuore e la nostra mente» afferma don Leonardo e ha lo scopo di «conoscere meglio i ragazzi con cui lavoriamo… ci aiuta ad identificarli e a comprenderli, per stimolare percorsi di crescita in ambiti più coerenti… In un ragazzo, anche il più sfortunato, può germogliare un seme di speranza».
Dalla presentazione dei risultati emerge un quadro, abbastanza allarmante: «La famiglia ha abbandonato il suo ruolo educativo, il suo compito di insegnare le regole, per acquisire un ruolo meramente affettivo, indipendentemente da ciò che accade», spiega Elena Marta, docente ordinario di Psicologia sociale e di comunità presso la facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È necessario che i giovani abbiamo modelli genitoriali in cui identificarsi. Ed è altrettanto necessario che i genitori promuovano l’autonomia dei propri figli, senza sostituirsi ai propri figli nel prendere decisioni o nel gestire alcune situazioni. «La famiglia è la palestra dove poter dare valore ai momenti di partecipazione e di decisione», continua Elena Marta, «imparare a casa, significa saperlo fare anche a scuola e poi nel resto della società». Non favorendo questi momenti, gli adulti trasmettono l’idea di una società di cui si ha timore, ma soprattutto non trasmettono fiducia e speranza per il futuro. “Devi farcela da solo” sembra il motto per sopravvivere in questa società.
Per quanto riguarda la scuola, risulta che gli adolescenti (più le femmine che i maschi) abbiano relazioni buone e positive con tutte le figure scolastiche, anche se viene privilegiato il gruppo dei pari. Quindi, sembra che ci sia un buon inserimento scolastico da parte dei giovani. Anche la percezione del proprio benessere (soddisfazione di vita, autostima e felicità) sembra descrivere degli adolescenti sereni e soddisfatti di sé e della propria esistenza.
Ma allora, in un quadro così roseo, come si giustifica e si inserisce il disagio che riguarda una gran parte degli adolescenti? Come si spiega questa continua esigenza di “sballarsi”? I comportamenti a rischio non sembrano correlati alla figura paterna e materna. “Ma – afferma il prof. Giuliano Vettorato, sociologo e direttore dell’Istituto di Sociologia presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana – questo non vuol dire che va tutto bene quanto, piuttosto, che si è passati da una famiglia normativa, cioè un luogo dove si trasmettono le regole, ad una famiglia affettiva, ovvero una famiglia che ha rinunciato all’educazione, mettendo maggiore attenzione e cura all’aspetto affettivo più che a quello normativo». Il rischio aumenta per chi è “diverso”, per chi si trova maggiormente in uno stato di solitudine, non avvertito, ad esempio, dai compagni di classe.
Ad un appello forte rivolto alle istituzioni con le quali i giovani non si identificano – tanto che la percentuale di quelli che si interessano di politica è irrisoria -, risponde l’assessore alle Politiche sociali Francesca Danese: «La politica deve recuperare l’attenzione all’infanzia e all’adolescenza… altrimenti siamo solo un paese che invecchia». Non si investe più sui giovani e in particolare sui propri figli; tanto meno sulla prevenzione. «I giovani non si sentono più cittadini di Roma», continua l’assessore, ormai abituati a frequentare esclusivamente il proprio quartiere e quindi ad accrescere il proprio grado di emarginazione. «È una generazione che esprime poco il proprio pensiero, ii giovani non sono capaci di affrontare temi nazionali; sono incapaci di chiedere alle istituzioni quello di cui hanno bisogno». Questo non fa altro che rafforzare l’idea di una famiglia incapace di affrontare determinate discussioni. «I genitori ormai sono così “fighi” che non ci si entra più in conflitto» e con i loro atteggiamenti di intrusività fanno perdere di autorevolezza ad alcune figure educative, quali gli insegnanti. «Questa generazione adulta deve tornare a costruire alleanze e promuovere progettualità», afferma lElena Marta, «altrimenti sarà difficile dare fiducia al sociale e alle istituzioni».
Cosa augurare allora ai giovani di oggi? «Non fatevi consegnare un futuro adulto», augura Giancarlo Cursi, «ma la voglia di un protagonismo creativo ed innovativo». Il futuro è un sogno che si deve avverare!