La storia di Sherif è la storia di un ragazzo kosovaro, arrivato al Centro Accoglienza Minori del Borgo Don Bosco, all’età di 16 anni perché aveva avuto alcuni problemi con la giustizia; era stato per un periodo a Casal Del Marmo, ma grazie alla convenzione che abbiamo con il Dipartimento di Giustizia Minorile, Sherif era stato inviato al Borgo per intraprendere un percorso che lo avrebbe aiutato a risollevarsi; ha iniziato, così, un corso per camerieri, seguendo un po’ le sue regole, ovvero con alti e bassi, qualche volte veniva, qualche volta no, creando alcuni problemi … Insomma, un ragazzo esuberante!

La sua delicata situazione familiare, andava peggiorando: Sherif era in Italia con la sua famiglia con la quale aveva un rapporto conflittuale perché era considerato “la pecora nera”; tanto che, ad un certo punto, i servizi sociale decidono l’allontanamento dalla sua famiglia e il suo inserimento presso una struttura. Qui Sherif continua con le sue stravaganze e anche con alcuni reati. E questa volta finisce in carcere, il carcere vero, quello dei grandi, ma aveva già concluso il suo corso di formazione al Borgo Don Bosco e, malgrado la sua incostanza, era riuscito ad ottenere la qualifica.

Ad un certo punto lo perdiamo di vista; ritorna per una messa alla prova, ovvero la possibilità di cancellare il reato commesso da un minore attraverso un periodo di prova, appunto, che deve concludersi in modo positivo. Per Sherif, superare la messa alla prova, era una questione molto importante, perché si trovava in Italia senza documenti (il Kosovo non è uno stato comunitario)e li avrebbe ottenuti solo ed esclusivamente se riusciva a cancellare il reato. Un circolo vizioso, quindi, che Sherif poteva spezzare solo facendo questo percorso.

Gli educatori del Borgo, dei quali conservava un bel ricordo, gli propongono una borsa lavoro presso la Mensa Solidale dell’attuale V Municipio; nel progetto della mensa, i ragazzi che ne fanno parte si mettono in gioco per un’esperienza lavorativa protetta, ovvero accompagnata dagli educatori che sono in cucina e resa possibile grazie all’esistenza delle borse lavoro. Ma, per Sherif, non era possibile attivare una borsa lavoro di tipo istituzionale perché era senza documenti. Allora, è stato necessario pensare ad un modo alternativo per attivarla. È qui che entra in gioco il sostegno esterno. Al Borgo, infatti, esistono alcune persone che attraverso le loro donazioni permettono di istituire delle borse lavoro “private”, ovvero delle borse lavoro che, per vari motivi, non possono essere attivate attraverso i percorsi istituzionali. Si tratta, quindi, di borse lavoro “gestite in proprio”, attraverso le quali i ragazzi vengono retribuiti con le donazioni di alcune persone generose.

Questa, per Sherif, è stata una vera e propria svolta perché ha rappresentato la possibilità di riscattarsi dal suo passato, e Sherif se l’è giocata veramente bene! In poco tempo, è diventato un personaggio alla mensa del V Municipio: lo conoscevano tutti perché era veramente una persona che si faceva notare! La sua esuberanza era presente anche nelle cose positive, aveva veramente un grande cuore! Ha concluso questo percorso felicemente qualche mese fa e ha potuto finalmente ottenere i suoi documenti.

Un altro episodio particolare ha segnato la sua vita: lo scorso 16 ottobre tutto il Borgo Ragazzi Don Bosco si è recato in piazza San Pietro dal Papa. Una grande mandria di circa 700 persone tra ragazzi, educatori e famiglie, che ha necessitato di ben 3 ore per essere radunata tutta ed entrare in piazza. Sherif, però, quella mattina non era in quel gruppo. Era in ritardo, come sempre, ed era rimasto al di là delle transenne. Litigando con una guardia, riesce a scavalcare e finalmente a raggiungerci. Lui, musulmano, dice: “Voglio vedere il Papa! Voglio incontrare il Papa!”. “Se va beh! Forse riuscirai a salutarlo mentre passa!”. In effetti, mentre il Papa passa tra la folla, Sherif riesce a lanciare sulla sua automobile il foulard del Borgo che tutti indossavano. Però non era molto soddisfatto di questo, anche perché il gruppo era molto lontano dal palco.

Ad un certo punto arriva un gendarme che invita due ragazzi del Borgo ad andare sul sagrato per poter incontrare il Papa. Naturalmente Sherif non se lo fa dire due volte e si dirige verso il palco insieme ad un ragazzo del Centro di Formazione Professionale. Dopo un’anticamera di un paio d’ore, i due ragazzi riescono finalmente a stringere la mano del Papa e Sherif, opportunamente istruito, invita il Papa a visitare il Borgo. E poi il Papa gli consegna un rosario. Sherif torna dal gruppo, tutto trionfante, con questo rosario in mano: “Questo è per voi”. Lui, essendo musulmano, non avrebbe mai potuto rientrare in casa con un rosario! “Questo è il mio dono per il Centro Minori”.

Il 1° di maggio, giorno di festa, arriva una telefonata: “Su internet sta rimbalzando una voce … Sherif è morto”. Si scoprirà, poco dopo, purtroppo, che la voce era fondata. Il 1° maggio Sherif muore sul colpo in un incidente stradale.  E questa è la parte più difficile di tutta la storia … sembra proprio che si tratti di un sogno infranto!  Quando siamo andati a Tor Vergata per salutarlo l’ultima volta, insieme agli operatori ma anche a tanti ragazzi, abbiamo incontrato la sua famiglia e tanti giovani esuberanti come lui, tutti ammutoliti, c’era un silenzio … che da persone così non ti aspetteresti mai!

Sembra proprio un sogno infranto … ma tutta la fatica, tutte le arrabbiature, tutti i sogni, tutti i progetti che Sherif poteva finalmente realizzare in modo onesto …  che fine avrebbe fatto tutto questo?

Malgrado tutto, credo che questa sia una storia di speranza! Come dice  Madre Teresa di Calcutta: “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”. Da credenti possiamo dire che la nuova vita che aveva cominciato Sherif, pur essendosi interrotta troppo presto, sta continuando da un punto di vista “più alto, finalmente definitivo”; da non credenti, invece, possiamo pensare che Sherif ha concluso la sua esperienza terrena in un momento di crescita, quando era al massimo della sue potenzialità, quando stava dimostrando a se stesso e agli altri che aveva tante risorse belle da poter spendere; ma anche solo per questo, aiutarlo, ne è valsa veramente la pena!