Bilancio del progetto “Emergenza minori e giovani in situazioni di povertà: occasioni concrete di inclusione.
Di Roberto Alessandrini
‹‹Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni, non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi, saremmo tutti bravi e irreprensibili››. È questo, ciò che affermava il magistrato italiano Giovanni Falcone, considerato tra le personalità più importanti e prestigiose nella lotta alla mafia, in Italia e a livello internazionale. Incentivati dalle sue bellissime parole, oggi ci piace raccontare il progetto “Emergenza minori e giovani in situazioni di povertà: occasioni concrete di inclusione”, realizzato dal Borgo Ragazzi don Bosco in collaborazione con la Regione Lazio. Abbiamo intervistato Alessandro Iannini, psicologo e coordinatore dell’area Rimettere le Ali, che ci ha svelato difficoltà, speranze e obiettivi raggiunti.
Quando è nato il progetto e perché?
‹‹Il Centro Minori del Borgo Ragazzi Don Bosco, da più di venti anni, accoglie ragazzi fuori dai percorsi scolastici, a rischio di devianza o con provvedimenti penali alternativi al carcere. Ci siamo resi conto, negli ultimi tempi, un po’ a causa della crisi economica, un po’ per l’incremento, in Italia, della presenza di giovani stranieri e di alcune forme di disagio, anche psicologico, che il numero delle richieste, arrivate ad una struttura come la nostra, è aumentato sempre di più. Parliamo di situazioni di povertà economica, sociale e familiare. Pertanto, quando la Regione ha lanciato il bando “Emergenza minori e giovani in situazioni di povertà: occasioni concrete di inclusione”, ci siamo prodigati, precisamente ad ottobre 2014, per dare una risposta alle necessità dei giovani in difficoltà››.
In cosa consiste e quali sono stati gli obiettivi e gli ostacoli iniziali?
‹‹A seguito di alcune nostre valutazioni, sono stati ospitati dagli ottanta ai cento giovani, di diversa nazionalità, che non avessero la possibilità di essere inseriti in altri percorsi formativi. Dopo esserci impegnati all’ascolto dei loro bisogni, li abbiamo indirizzati verso i corsi, offerti dal Centro Salesiano, più adeguati alle loro esigenze. Principalmente ci siamo dedicati ad investire su quei casi, che nessuno è riuscito a risolvere, cercando di comprendere, con qualche difficoltà, i motivi che hanno causato i molteplici fallimenti, scolastici o umani, nella vita del ragazzo››.
Quali sono le strutture che hanno collaborato e in che modo?
‹‹Un volta che i giovani accolti hanno scelto il corso più appropriato per loro, come ad esempio quello di ristorazione, giardiniere, alfabetizzazione, licenza media e così via, è iniziata una collaborazione con scuole, istituti professionali, centri territoriali di permanenza della città di Roma. Con queste strutture educative, ci siamo accordati tramite un protocollo, in modo tale che lo studente, una volta terminato il percorso scolastico presso di noi, potesse sostenere un esame finale, presso le scuole, ed una volta superato, poter accedere di diritto ai corsi di grado superiore, eventualmente, nell’istituto precedentemente abbandonato. Per noi, determinante è stato anche l’aiuto che ci è stato dato dalla rete di servizi della capitale, come ad esempio associazioni, servizi sociali, Asl (Azienda sanitaria locale) e cooperative››.
Quanti sono stati i giovani coinvolti e qual è la loro età?
‹‹Abbiamo ospitato dagli ottanta ai cento ragazzi al mattino, con una età che variava dai sedici ai ventuno anni. Nel pomeriggio, sono stati accolti una quarantina di minorenni, dagli undici ai tredici anni, frequentanti la scuola media. Questi ultimi, inoltre, hanno ricevuto un aiuto nello svolgimenti dei compiti, non avendo alle spalle, famiglie che potessero seguirli. In totale, presso il Centro Salesiano, sono stati indirizzati circa centocinquanta giovani››.
Che cos’è l’autofinanziamento solidale?
‹‹Il progetto, che il Borgo Ragazzi don Bosco ha portato avanti, è stato finanziato dalla Regione Lazio. A volte, però, può capitare che non riusciamo a coprire tutte le spese per far fronte alle necessità dei nostri giovani. Per questo motivo, spesso, lanciamo delle campagne di sensibilizzazione e di autofinanziamento solidale, al fine di coinvolgere le persone, anche con piccole richieste di contributi, volte a permetterci di acquistare un frigorifero, un forno e tutto quello che può essere indispensabile. Questo, perché partiamo sempre dal presupposto, che i ragazzi non appartengono soltanto al Centro Salesiano, ma a tutta la comunità››.
Quali sono i valori educativi che hanno accompagnato il progetto?
‹‹Un valore educativo importante per noi è l’accoglienza; accogliere quindi, in modo tale che, se la persona si sente accettata, come membro della nostra grande famiglia salesiana, avrà più possibilità, di rispondere positivamente, alle forme di aiuto che le verranno offerte. Inoltre, come ho già accennato prima, il Borgo punta sempre a personalizzare il sostegno verso un giovane. Gli esseri umani sono tutti casi unici e particolari, con una accezione positiva del termine. Ognuno necessita di un particolare tipo di aiuto››.
Quando si è concluso e quali sono i risultati in termini di numeri e dal punto di vista umano?
‹‹Il progetto è proseguito fino ad ottobre 2015. Più del 90% dei ragazzi ha portato a conclusione l’impegno assunto. Quindi, il dato è abbastanza positivo. Dal punto di vista umano, abbiamo avuto la fortuna di leggere nei loro occhi tanta gioia e serenità, per il traguardo raggiunto. In molti, spesso tornano a trovarci, considerandoci un punto di riferimento. Siamo venuti anche a conoscenza del fatto, che alcuni giovani, grazie al nostro sostegno, sono riusciti a trovare un posto di lavoro››.
Lei, dottor Iannini, come ha vissuto questa esperienza al livello emotivo?
‹‹Ogni volta che un ragazzo si presenta al Centro e mi stringe la mano, dopo aver firmato un patto insieme a me, è un momento sempre molto emozionante. Quel giovane mi sta dimostrando fiducia e sento che dovrò fare di tutto per aiutarlo. Quindi, vivo quell’attimo, da un lato con un grande senso di responsabilità e dall’altro, come un immenso dono che mi viene fatto. In qualità di psicologo, ascolto i loro percorsi di vita e mentre si raccontano, il mio cuore è pervaso da momenti di gioia, ma anche di profonda tristezza. Quando, insieme a miei collaboratori, cerchiamo di mettere in pratica un’idea, ci viene sempre chiesto dalle istituzioni il costo dell’intero progetto. Tutto questo è giusto; però, sarebbe bello chiedersi sempre, quanto vale la vita di una persona? Non sono quantificabili i danni che l’anima di un ragazzo può subire. Se vogliamo risparmiare, bisognerebbe che tutti ci impegnassimo a prevenire. I volti sorridenti dei giovani che ce l’hanno fatta, per me, sono un insegnamento. Mi incentivano ad andare avanti, nonostante l’arida società, che si è andata a creare››.