Intervista a Don Stefano Aspettati, direttore del Borgo Ragazzi don Bosco. Di Roberto Alessandrini
‹‹È Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano. È Natale ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza. È Natale ogni volta che permetti al Signore di rinascere per donarlo agli altri››. Le parole di Madre Teresa di Calcutta ci conducono a riflettere su una realtà dilaniata da bombardamenti, corruzione, omicidi, divorzi, bullismo, piccole guerre quotidiane, condominiali e nei posti di lavoro. Una società che non volge lo sguardo alle grida di dolore degli uomini; a quei piccoli corpicini di bambini stesi sulla sabbia, che non giocheranno e sorrideranno più. In un’epoca difficile, come quella attuale, abbiamo voluto intervistare don Stefano Aspettati, direttore del Borgo Ragazzi don Bosco, che ci ha svelato sogni, speranze e punti di vista, in prossimità delle celebrazioni natalizie.
Stiamo vivendo un periodo storico caratterizzato da paura, violenza e smarrimento. Secondo lei, qual è il motivo e la causa di una realtà dominata da tanto egoismo ed aggressività?
‹‹Credo che sia la mancanza di Dio e di valori forti, che proiettino le persone verso il prossimo e la collettività. Valori che necessitano di essere fatti conoscere da maestri, che rappresentino un modello duraturo nel tempo, e che possano far appassionare gli esseri umani. Viviamo un appiattimento generale, dalla politica in giù e tutto quello che accade nel mondo, penso sia soltanto una conseguenza di questo aspetto››.
Il Borgo è frequentato da giovani di nazionalità e credo religioso diversi. Quali sono gli strumenti volti a farli vivere in unità?
‹‹Tutto nasce dal tentativo di far incontrare le persone su un territorio comune, rappresentato dall’essenza dell’essere umano. Il vero danno, sono tutti coloro che si fanno promotori degli antivalori e di espedienti lontani dalla natura dell’uomo. Vorrei ad esempio ricordare un fatto storico molto significativo, accaduto agli inizi della prima guerra mondiale, precisamente nel 1914. Durante la “Tregua di Natale”, la sera della vigilia, sulla linea del fronte, dove erano opposti tedeschi ed inglesi, quest’ultimi si incontrarono per cantare e festeggiare insieme. Decisero di trovarsi da uomini, al di là delle divise e dei conflitti. Poi la guerra proseguì, per volontà di chi deteneva il potere, portando morte e distruzione››.
Ultimamente ha notato difficoltà di convivenza tra loro?
‹‹Tra i ragazzi no. Più che altro, ci siamo resi conto, che alcuni adulti, negli ultimi tempi, guardano con diffidenza e sospetto alcune categorie di giovani››.
William Shakespeare affermava che ‹‹Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni››. Visto che ci stiamo avvicinando alle celebrazioni natalizie, vorrei domandarle se ricorda quali erano i suoi desideri di bambino, nel periodo dell’Avvento.
‹‹In attesa di trovare i regali sotto l’albero, vivevo, insieme a mio fratello, la festa cristiana con grande stupore e curiosità. Ho ancora presente in me, il calore e la semplicità di quei giorni e la gioia di incontrare i parenti. In famiglia c’era un clima molto bello ed intimo››.
Cos’è e cosa rappresenta il Natale e perché è essenziale che i bambini, i giovani e gli adulti credano in una festa così importante?
‹‹Penso che sia fondamentale confidare in ciò che la solennità rappresenta e che per i cristiani è la nascita di Gesù. È un’occasione che ci riporta al senso dello stupore e della novità, di fronte allo sbocciar di una vita. Tutto questo in controtendenza con un mondo che spesso mette in risalto la morte, le debolezze ed un apparente individualismo. Il Signore ci ha mandato suo figlio per dimostrarci tutto il suo amore. Forse, al giorno d’oggi, dobbiamo ancora comprendere la bontà di un tale gesto››.
Quale significato assume la Natività di Cristo vissuta nel Borgo?
‹‹Rappresenta la festa della fragilità; in particolar modo, quando le persone decidono di prendersene cura, perché il bambinello è fragile per eccellenza, come lo siamo tutti noi, anche se spesso non vogliamo farlo vedere. Lo sono anche i ragazzi che arrivano qui, presso la nostra struttura salesiana e che cerchiamo di mettere al centro di tutto. È bello leggere nei loro occhi la meraviglia, quando partecipano a celebrazioni natalizie, al di là del credo religioso. Questo per far comprendere che Dio li ama e li cura, così come ci insegnò Giovanni Bosco››.
Dà a questo Natale un significato diverso da quello degli altri anni?
‹‹Un po’ sulla traccia del Giubileo di Papa Francesco, attualmente con i ragazzi del Centro salesiano, stiamo cercando di cogliere e condividere un clima di pace e di convivenza, che è l’essenza della festa cristiana natalizia, in forte contrasto con le culture promotrici di messaggi di guerra e morte. La Misericordia di Dio è l’ultimo baluardo contro lo strapotere apparente della violenza, dell’individualismo e della paura››.
Come mai secondo lei alcune persone perdono la fede?
‹‹Il credo non si smarrisce e non si trova. Dal lato del Signore è un dono. Dal lato dell’uomo, è una continua ricerca ed approfondimento; anche se alcuni dubbi ci accompagneranno sempre lungo il percorso della vita. La cosa forse più negativa, non è tanto quella di smettere di confidare, ma di cercare. Questa è una cosa che vale per tutti. Dovremmo sempre ricordarci dell’immagine dei Re Magi, che senza stancarsi di trovare la strada, alla fine vivono con grande gioia l’incontro con Dio››.
Qual è il messaggio che vuole lasciare, a tutti coloro che avranno l’opportunità di leggere questa intervista?
‹‹Auguro a tutti, che il tempo del Natale sia l’occasione di vivere lo stupore, se è tanto che non lo proviamo più; di dedicarci a qualcuno, se spesso curiamo solo noi stessi; di respirare la misericordia, se è tanto che conserviamo un cuore duro; di tornare a cercare Dio misericordioso, se è da molto che abbiamo smesso di farlo. Lui ha scelto tutti noi ed ancora attende di trovarci››.