Le migrazioni viste come fenomeno storico: questi il tema affrontato in uno degli incontri della Scuola di Mondialità di Gennaio.

di Ronaldo Tokong

Che le migrazioni facciano parte della natura umana è un fatto storico, anche se spesso ce ne dimentichiamo. Le persone migrano ed hanno migrato nella storia, ci ha ricordato la prof.ssa Giorgia Intreccialagli durante l’incontro della Scuola di Mondialità del 14 Gennaio, in primis per migliorare gli standard di vita; già i romani del V secolo, dopo aver raggiunto la massima espansione dell’Impero, dovettero affrontare le cosiddette “invasioni” barbariche, con il conseguente vasto movimento dei popoli dal Nord dell’Europa.

I flussi migratori sono un fattore incisivo nella formazione demografica, ma anche economica e politica; riprendendo il caso dei Romani, in quell’epoca fu data vita ad una nuova composizione etnica che è alla base delle origini europee, e il baricentro economico-politico si è spostato da Roma alle province più lontane.
Altri flussi significativi sono stati le migrazioni forzate degli schiavi africani del XVII e XVIII secolo e gli spostamenti della prima meta del ‘900, causati dalle due guerre mondiali e dalle nuove condizioni di lavoro offerte dal mercato. Negli ultimi decenni, il termine “migrazione” ha gradualmente assunto un significato più vasto: l’Occidente è diventato la meta migratoria più attraente, ma ogni giorno all’interno del continente africano si muovono tantissime persone, a causa di guerre, carestie e conflitti ambientali.

Un interessante parallelismo si può fare tra l’emigrazione degli italiani verso il continente americano nel dopoguerra e quello che sta accadendo in Europa ai giorni nostri: la storia, per alcuni versi, è ciclica e i cambiamenti di oggi saranno visti a pieno dai nostri nipoti.
In qualche modo, tutti noi siamo immigrati e possiamo notare come l’Europa, da sempre terra di accoglienza, oggi sembra non volerlo più essere.