“Che cosa ti è successo, Europa, madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?” Da questo appello del Papa, Sara Martini ci guida in una lettura politica delle reazioni dell’Occidente alla cosiddetta “crisi migratoria”.

di Marco Fulgaro

Definire l’Europa non è cosa semplice, trovano spazio considerazioni geografiche, storiche, culturali, economiche, ambientali e così via. Le sue radici sono profonde, ma tra le certezze c’è il mar Mediterraneo, un’entità che ha sempre accompagnato, nel bene e nel male, il nostro continente.

“Il Mediterraneo non è solo geografia, sul Mediterraneo è stata concepita l’Europa”, così scriveva Pedrag Matvejevic, scrittore slavo naturalizzato italiano e nato a Mostar, nel suo Breviario Mediterraneo. In effetti, il mare dove oggi, spesso nel silenzio, si consumano tragedie umane, è da sempre un riferimento, una porta che ha reso possibile l’incontro e la commistione di popoli, qualcosa che è dato per scontato, ma non lo è, anzi un’idea che è entrata in crisi.

Papa Francesco, nel ricevere il premio Carlo Magno, il 6 Maggio dello scorso anno, ha incalzato le istituzioni europee e gli stessi cittadini, riprendendo momenti del passato, in particolare il secondo dopoguerra e la creazione del progetto europeo, notando come “questa famiglia di popoli, in tempi recenti, sembra sentire meno le mura della casa comune”. Questo edificio inizia a scricchiolare e non è più sentito da tutti come un rifugio, un luogo di famiglia e di fraternità. L’Unione Europea, nell’idea dei padri fondatori come Schuman, è nata da un incontro di civiltà, da una sintesi e da un dialogo profondo, che vede la solidarietà come chiave di volta, solidarietà intesa non come elemosina ma come generazione di opportunità per tutti. Nei trattati, la solidarietà è sancita in diversi articoli, come il principio di equa ripartizione tra i membri, ma la disciplina non è univoca riguardo la sua interpretazione. Forse è utile soffermarsi sull’etimologia della parola, che proviene dal latino “solidus” e indica, quindi, una realtà di base che si regge solo e fino a quando ogni sua parte è tenuta salda dalle altre. Schuman, saggiamente, ricorda come l’Europa sia un progetto in continua costruzione che non sarà fatto in una sola volta né sarà costruito tutto insieme. Dopotutto, l’Unione Europea nasce e si sviluppa come libera scelta del bene comune da parte degli Stati europei, ma questo ideale si scontra con i particolarismi tanto in voga negli ultimi tempi.

Riguardo le politiche migratorie, è diffusa l’ostilità a cedere parte della propria sovranità al livello di governo europeo: ogni Stato decide chi far entrare nei propri confini. Possiamo notare un graduale passaggio verso la comunitarizzazione delle decisioni, che però provoca conflitti data la competenza concorrente tra livello statale e di Unione. Con il trattato di Lisbona, si sviluppa il modello di una politica comune in materia di frontiere, visti, immigrazione e asilo, ma alcuni limiti di fondo ne impediscono la piena realizzazione. L’Unione Europea agisce secondo i principi di attribuzione e di sussidiarietà, lasciando ampia libertà agli Stati che vedono indicate le finalità ma non i mezzi da mettere in campo, creando una situazione di sostanziale decisione intergovernativa o intragovernativa a livello statale. Permangono forti squilibri tra settori a forte armonizzazione e altri molto differenti. In sostanza, alla teoria non segue la prassi in maniera adeguata.

La tendenza dell’Europa è esternalizzare i problemi connessi al fenomeno migratorio, che viene relegato a temi di difesa dei confini, scegliendo Paesi terzi, come Turchia e Libia (potremmo chiederci quanto e come, in questi Paesi, vengano rispettati gli standard dei diritti umani…), per gestire il fenomeno ma senza mai andare a fondo nelle sue radici.

Lo “spazio comune” viene messo in discussione, come i confini, non solo quelli esterni ma anche quelli interni, con palesi violazioni del diritto, come il respingimento, vietato dalla convenzione di Ginevra, messo in atto, anche dall’Italia. E come spesso accade, le vicende umane di tutti coloro che sono coinvolti, spesso in maniera drammatica, passano in secondo piano, rimanendo solo su uno sfondo dalle tinte fosche.

“Sogno un nuovo umanesimo europeo. Sogno un’Europa dove essere migrante non è un delitto, bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di ogni essere umano.”

Tanti gli applausi dopo le parole del papa…ma qual è stato il seguito?