SCUOLA DI MONDIALITÀ E MISSIONE LAZIO 2014-15
Siamo arrivati al quarto incontro della scuola di mondialità e missione, il primo del secondo modulo della scuola dedicato alle “ingiustizie nascoste”.
Il tema dell’incontro è stato lo sfruttamento dei migranti nel sistema agricolo italiano, argomento molto denso, approfondito grazie alla presenza di Laura Galesi e Antonello Mangano.
Alessandra Tarquini, responsabile della comunicazione del VIS, ha introdotto i relatori parlando della volontà di creare una rete di informazione che rispetti le persone e la loro storia per raccontare le ingiustizie e il mondo del no-profit.
Un breve spazio è stato lasciato a don Giovanni D’Andrea, relatore dell’ultimo incontro, per presentare il progetto Don Bosco Island, associazione temporanea di scopo per la gestione di alcune realtà salesiane siciliane con particolare attenzione ai temi dell’accoglienza multietnica e dell’integrazione interculturale.
Il progetto prevede l’accoglienza dei migranti, la formazione di un “oratorio dei popoli” per sensibilizzare la popolazione locale attraverso uno scambio interculturale e la creazione di un centro di studio, riflessione e progettazione sul fenomeno delle migrazioni. Il tutto coinvolgendo le realtà salesiane locali con la consapevolezza che l’impegno è molto più che un posto letto e che la missione è aprirsi alle altre realtà e non rimanere chiusi in se stessi.
A questo punto, la parola è passata a Laura Galesi (giornalista siciliana, direttore responsabile di “Libera Radio- Radio Città del Capo” Bologna, collabora con Narcomafie. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore, Huffington Post. Tra le sue docu-inchieste, “Voi li chiamate clandestini” – Manifestolibri 2010), giornalista esperta di fenomeni migratori, che ha iniziato parlando dei cosiddetti” clandestini”, che nient’altro sono che persone come le altre, lavoratori spesso sfruttati nei luoghi dove dovrebbero invece ricevere diritti. Partendo dalla semplice domanda: “Da dove provengono i nostri prodotti?”, si può scoprire facilmente come in molti casi le eccellenze italiane provengono dal lavoro nero e come nelle strutture produttive sembri normale la mentalità dell’ottimizzazione dei costi ricorrendo a forme si sfruttamento, questo non solo nel Sud, ma in tutta Italia, come ad esempio nel caso delle finte cooperative in Emilia Romagna. Così si può fare un’analisi dei pregiudizi sugli immigrati che ci porta a scoprire la falsità di tante affermazioni (“ ci rubano il lavoro”, “ci portano le malattie” …).
La vita degli agricoltori migranti è veramente dura: spesso queste persone vivono in catapecchie, con una paga che può arrivare a 10€ al giorno dopo 8-10 ore di lavoro faticoso in condizioni disumane e con l’acqua razionata. E’ diffuso il fenomeno del caporalato, ovvero un “caporale”, spesso anche lui di origine straniera, uomo o donna, ha il compito di raccogliere gli agricoltori e convogliarli nei campi per lavorare, prendendo una percentuale sui guadagni di questi e con il potere di decidere chi far lavorare e chi no.
Bisogna considerare anche la maggior facilità di reclutamento di agricoltori romeni, con l’ingresso nell’UE della Romania, perché si ha bisogno di meno documenti.
La questione dello sfruttamento delle donne è preponderante, spesso esse vengono assunte in nero, scelte in base alla bellezza estetica e sfruttate sessualmente, addirittura durante dei festini agricoli, dove queste ragazze si ritrovano costrette a prostituirsi per paura del licenziamento.
Da queste violenze sono nati diversi bambini.
Allargando la prospettiva, si nota bene come siano presenti degli enormi buchi nel sistema, in termini di welfare, lavoro, integrazione e libertà di scelta. Negli ultimi tempi, in Campania, i migranti sfruttati si sono mobilitati per rivendicare i propri diritti denunciando apertamente i torti subiti, a fronte dell’omertà di tanti italiani, creando un circuito di solidarietà. Antonello Mangano (giornalista autore di ricerche, inchieste e saggi sui temi delle migrazioni e della lotta alla mafia. Fondatore della casa editrice “terrelibere.org”. E’ autore dei libri “Gli africani salveranno Rosarno” (terrelibere.org 2009), “Gli africani salveranno l’Italia” (Rizzoli 2010) e “Voi li chiamate clandestini” (manifestolibri 2010), “Zenobia” (Castelvecchi 2013). Collabora con MicroMega, Repubblica.it, L’Espresso.) ha parlato della schiavitù contemporanea che esiste nei campi agricoli, dove spesso vige il terribile principio “siccome sono sfruttato, posso sfruttare a mia volta gli altri”. Questa schiavitù innanzitutto è mancanza di alternative, tutti potrebbero e vorrebbero andare via, ma dove e con quali prospettive?
La realtà su questi fenomeni si capisce più dalle campagne, dai luoghi reali di sfruttamento, che dai TG, dove spesso c’è manipolazione informativa e tanti dettagli sfuggono. Riguardo l’immigrazione, l’Italia ha una scarsissima capacità di sfruttare in positivo le capacità e le competenze degli immigrati che arrivano. Spesso i Centri di Accoglienza dei Richiedenti Asilo sono situati vicino le campagne e questo è molto significativo ed indicativo della forma di accoglienza offerta…
In Puglia esiste il “ghetto” di Vignano (FG) dove baraccopoli sorgono accanto ai campi agricoli, con tetti in stoffa coperta da plastica; in Piemonte, nella provincia di Asti, si registrano casi di sfruttamento di agricoltori bulgari per la vendemmia del moscato e si potrebbero aggiungere tanti altri esempi del genere… Spostando il discorso sui prodotti alimentari, Antonello Mangano ha premesso la necessità impellente di trasparenza, visto che ormai con le nuove legislazioni europee non è più obbligatorio indicare nell’etichetta la sede dello stabilimento produttivo. Sarebbe opportuno conoscere tutti i passaggi della filiera, così da sapere, ad esempio, che la Nutella ha poco di italiano, ormai neanche più le nocciole, oppure che i pomodori inscatolati hanno una vita “movimentata”: prodotti nel foggiano, vengono inscatolati a Salerno, inviati a Londra e poi venduti a Roma in negozi etnici.
“Curioso” è anche il fatto di avere sulle nostre tavole ortofrutta 365 giorni l’anno, grazie ad un sistema di serre di plastica. Le situazioni tipiche degli agricoltori migranti sono tre: nella maggior parte dei casi, si tratta di persone appena arrivate in Italia, a volte invece sono ex-operai che arrivano dal Nord Italia dopo esser stati licenziati dalle fabbriche, pochi invece sono gli agricoltori che riescono a spostarsi.
I rischi per gli sfruttatori sono di vario tipo, più gravi se si scoprono lavoratori senza documenti. Esiste il reato di intermediazione irregolare di manodopera, ma non è facile dimostrarlo, e nella quasi totalità dei casi ci sarebbe evasione contributiva.
Purtroppo l’omertà è diffusa e si interviene solamente dopo che la stampa alza il livello d’attenzione.La nota di speranza è che c’è chi non si rassegna e lotta ogni giorno per un mondo migliore!
Abbiamo concluso l’incontro leggendo il primo sogno missionario di don Bosco, in cui il santo vede i salesiani andare incontro a popoli sconosciuti e “selvaggi” e riuscire a stabilire un contatto attraverso la confidenza, l’educazione, l’amorevolezza e la devozione a Maria.
Marco Fulgaro
CI VEDIAMO SABATO 10 GENNAIO, SEMPRE ALLE ORE 16 AL SACRO CUORE (VIA MARSALA, 42),
IL PROSSIMO INCONTRO SARA’ “PANE, LAVORO E PARADISO” SPENDERSI PER “SFAMARE”…
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