Attraverso lo sport il progetto Laureus, appena concluso, ha dato nuove opportunità di inclusione sociale ai ragazzi con difficoltà economiche e/o sociali.

di Marika Masilli

Il “Progetto Laureus” all’interno della realtà salesiana del Borgo Ragazzi don Bosco è nato nel 2012, frutto della preziosa collaborazione con la Fondazione Laureus, impegnata da anni nella tutela e difesa del benessere psicofisico dei minori, con lo scopo di prevenire e risolvere situazioni di disagio giovanile (contesti famigliari multi-problematici, povertà, dispersione scolastica, emarginazione sociale, integrazione culturale) attraverso la pratica di attività sportive sane e aggreganti, nonché di percorsi di sostegno educativi e psicologici personalizzati.

Sul territorio nazionale, purtroppo, sono ancora quantitativamente scarse le strutture che promuovono e sostengono lo sport nella sua accezione genuina e incontaminata; va detto, però, che esistono organizzazioni del terzo settore, come il Borgo Ragazzi don Bosco, che hanno intrapreso, sin dalle loro origini, un cammino di prevenzione attraverso l’attivazione di progetti e interventi educativi nell’ambito sportivo. Il progetto Laureus è testimonianza tangibile di questo cammino dal percorso mai scontato, in cui collaborano sinergicamente diverse figure professionali ed enti, con il desiderio comune di sviluppare un progetto educativo-sportivo rivolto ai minori e alle famiglie in condizioni di fragilità. Il progetto ha come obiettivo quello di offrire ai ragazzi, di età compresa tra i 6 e i 18 anni provenienti da contesti di devianza e con varie problematiche , una rete di sostegno ben definita, che prevede il coinvolgimento di diverse figure educative, quali: allenatori che presenziano tutte le attività sportive dei ragazzi; educatori professionali che seguono lo sviluppo e le attitudini dei minori; psicologi dello sport che organizzano momenti di confronto e di formazione con gli allenatori, per affrontare i disagi emersi e costruire insieme percorsi di sostegno e di progettazione educativa.

 

Le partnership

L’attuazione del progetto ha previsto la costruzione e il coordinamento di una partnership composta, oltre che dall’ente finanziatore, anche da enti educativi e associazioni sportive. Sulla base di questa premessa la Fondazione Laureus ha trovato all’interno dell’Opera salesiana del Borgo un ente inviante già fertile: il Centro Accoglienza Minori che, ai fini del progetto, si è reso disponibile, con i propri educatori di riferimento, a curare la fase di inserimento e accompagnamento dei minori nelle attività sportive attraverso un delicato lavoro di motivazione, osservazione e monitoraggio.

La società sportiva che ha accolto l’iscrizione dei ragazzi segnalati e ne ha realizzato il loro inserimento è la Polisportiva Giovanile Salesiana (P.G.S.). La Polisportiva non ha avuto solo il compito di accogliere e inserire i minori segnalati dall’ente inviante nelle squadre già esistenti, ma ha costruito e sviluppato un nuovo profilo di allenatore,  che  si è messo al servizio dei ragazzi non soltanto come semplice preparatore atletico e trasmettitore di conoscenze tecnico/tattiche, ma come un vero e proprio “life coach”,  attento agli aspetti relazionali ed educativi (gestione di dinamiche di gruppo, utilizzo di strumenti di ascolto, problem solving, capacità di curare un progetto educativo) e in grado di rispondere concretamente anche ai bisogni cognitivi, affettivi ed emotivi dei ragazzi a lui affidati, per la maturazione di personalità sempre più autonome e pienamente inserite nella società. La Fondazione Laureus ha supportato economicamente il prezioso lavoro educativo della Polisportiva, offrendo ai ragazzi iscritti al progetto l’accesso gratuito alle attività sportive e affiancando agli allenatori un sostegno psico-educativo, preposto alla cura degli aspetti relazionali delle squadre, nonché all’accoglienza e all’integrazione dei ragazzi ritenuti a rischio di esclusione o con segni evidenti di disagio.

 

Il lavoro in rete

La trasversalità degli interventi educativi ha messo in luce e potenziato il lavoro in rete e le responsabilità di tutti i soggetti coinvolti nell’azione educativa, in un sistema educativo integrale e integrato, adottato sia all’interno del progetto stesso che all’interno di tutta l’Opera salesiana. Obiettivo primario quello di promuovere esperienze di crescita e modelli educativi positivi, in contrasto con quelli facilmente accessibili in contesti urbani a forte rischio di esclusione sociale.

 

I ragazzi coinvolti

I ragazzi coinvolti nel progetto da ottobre 2015 a maggio 2016, sono stati 50, tutti inseriti nelle diverse attività sportive: calcio, basket, volley, calcio a 5, laboratorio di calcetto. Di questi 50, nel corso della durata del progetto, se ne sono ritirati soltanto 3 (di cui due subito prontamente sostituiti), concludendo a maggio con l’iscrizione complessiva di 49 ragazzi invece che 50.

Nel complesso il progetto ha accolto ragazzi e ragazze appartenenti a sette nazionalità diverse; la nazionalità con il maggiore numero di iscritti è stata quella italiana.

Le tipologie di disagio più frequenti e significative, ovvero con il numero più alto di segnalazioni in ingresso, che hanno accumunato la storia di tutti i ragazzi iscritti sono state prevalentemente quelle riguardanti le difficoltà di carattere economico e quelle in ambito relazionale, spesso correlate ad altre tipologie di disagio, quali: difficoltà di integrazione, socializzazione e rispetto delle regole.

Dai dati raccolti e rilevati, un buon numero di ragazzi ha mostrato di possedere la capacità di: “lavorare in gruppo” (capacità di stare all’interno di una relazione collaborativa, modulando il proprio comportamento in relazione alle necessità); “problem solving” (intesa come capacità di risolvere un problema con soluzioni semplici e creative anche nei confronti di problemi complessi); “essere intraprendenti” (capacità di focalizzarsi su un obiettivo, mettendo le proprie energie al servizio di un risultato); saper “comunicare efficacemente” (capacità sia di ascoltare che di esprimere le proprie opinioni e punti di vista); voler “imparare ad apprendere” (capacità di organizzarsi in relazione agli impegni e alle priorità, gestione del tempo, etc.). La competenza, invece, che è risultata tangibilmente meno presente nei ragazzi iscritti è stata la “fiducia in se stessi”, fattore sicuramente legato allo sfondo complesso in cui i ragazzi vivono e che influenza il loro percorso di autostima e di autoefficacia.

 

I risultati raggiunti

L’accoglienza incondizionata, la presa in carico di situazioni famigliari multiproblematiche e di minori stranieri non accompagnati con vissuti dolorosi, l’inserimento degli stessi in un ambiente protetto e strutturato,  la promozione di uno spazio sportivo e allo stesso tempo ricreativo, educativo e formativo, hanno gettato fondamenta solide su cui costruire, mattone dopo mattone, relazioni di aiuto ricche di valori e contenuti, nonché interventi efficaci e tempestivi secondo una progettualità sempre più ambiziosa e feconda. La costruzione di un ambiente educativo-sportivo di ascolto, di sostegno e di fiducia si è rivelata fondamentale per accompagnare i ragazzi a svolgere, con maggiore costanza, l’impegno sportivo preso e a prestare particolare attenzione al rispetto delle regole, sperimentando così il senso di appartenenza ad un gruppo e acquisendo quei valori altamente formativi per la vita quotidiana. Il protagonismo dei giovani, premessa indiscutibile di ogni azione educativa a loro rivolta, ha permesso ai minori coinvolti nel progetto (in particolare quelli provenienti da contesti a rischio di devianza) di testare e condividere nuovi e stimolanti spazi di sperimentazione delle loro abilità, conoscenze e consapevolezze; di imparare ad utilizzare strumenti adeguati per affrontare in modo costruttivo e positivo il disagio evolutivo, con lo scopo di migliorare e accrescere le proprie capacità di autoefficacia, autostima e di autonomia, nonché di mettersi in gioco attraverso attività ed esperienze socializzanti nelle quali sentirsi accettati e valorizzati, ognuno con le proprie doti.

 

Il valore dello sport

Lo sport in tutte le sue forme e dimensioni non è – e non ha la pretesa di esserlo – la soluzione definitiva ed unica ai problemi sociali che affliggono e influenzano la realtà e le azioni educative; non è un’isola felice, scevra di rischi e sfide, in cui abbandonare e “parcheggiare” semplicemente i nostri giovani, ma può e deve continuare ad essere, grazie alla passione e alla vocazione degli operatori che si mettono al servizio dei giovani, uno strumento educativo e formativo per trasmettere, scambiare e veicolare esperienze di vita. In una realtà sempre più multiculturale e spesso minata dal pregiudizio e dalle impari opportunità è bello pensare di poter vivere e proporre ancora uno sport che non sia piegato dall’antagonismo, dalla violenza, dal gioco scorretto e dalla strumentalizzazione del corpo, ma che possa riscoprire, in un contesto se pur complesso e continuamente in divenire, la sua vera essenza; un’essenza impregnata da quell’ideale di sport inteso come vera palestra di vita, di virtù e umanità.

Coinvolgere i minori in attività sportive aggregative e a forte valenza educativa è una proposta concreta che offre una valida alternativa a quel mondo virtuale e immaginario da cui spesso i ragazzi cercano invano rassicurazioni e conferme. A noi, che abbiamo l’onore di accompagnarli, l’arduo compito di aiutarli a crescere, camminando insieme verso la strada dell’alleanza, dell’accoglienza, della gioia, della progettazione e realizzazione personale; dove forte e chiaro sia nei loro cuori l’eco di queste parole, quelle stesse sussurrate da San Giovanni Bosco molto tempo fa ai suoi ragazzi in oratorio: “Una funicella da sola fa ben poco, tante funicelle insieme formano una fune grossa e robusta!”. Ed è sulla base di obiettivi comuni, di una missione condivisa, di una sinergia arricchente ed eterogenea che il Progetto Laureus, insieme a tutte le figure che hanno collaborato in esso e per esso, si è fatto “memoria” significativa nelle vite dei tanti ragazzi incontrati e accolti, con la gioia, l’umiltà e la speranza di essere stati per loro una funicella, seppur piccola, nel grande groviglio della loro vita.