SCUOLA DI MONDIALITÀ E MISSIONE LAZIO 2014-15
Siamo arrivati al quinto incontro della scuola di mondialità e missione, in cui abbiamo parlato delle problematiche legate all’uso dei terreni.
Prima di parlare del tema scelto, Cecilia, nuovo membro dell’equipe, ha raccontato la sua esperienza vissuta la scorsa estate a Soddo, in Etiopia.
Riguardo all’impatto, Cecilia ha raccontato la sensazione di paralisi di fronte alle centinaia di bambini: “cosa posso fare per loro?”, “cosa si aspettano da me?”; ma poi ha scoperto che i bambini vogliono solo che tu stia con loro. Fondamentale è lasciarsi andare e vivere l’esperienza con molto entusiasmo, con i bambini, con la comunità salesiana locale, nelle attività e nel gruppo di volontari. Nessuno può permettersi di dire “faccio da solo”, la dimensione del gruppo è imprescindibile, necessaria altrimenti si rischia di scoppiare; bellissimi sono stati i momenti serali, nella struttura salesiana di Soddo, dove ciascuno dei volontari ha raccontato agli altri la propria storia. Bello è stato scoprire il proprio spazio all’interno dell’esperienza e rispettare quello degli altri. In missione si scopre quanto noi siamo poco abituati al contatto fisico, vedendo persone che si mostrano affetto senza alcuna vergogna.
Per partire ci vuole coraggio, poi un mese di missione non è tantissimo, ma il cambiamento, al momento del ritorno, è forte, e consiste soprattutto nell’indirizzare la propria vita su un percorso più profondo di crescita. I rischi che si corrono durante la missione non sono stati a livello pratico, ma riguardano la chiusura in se stessi e l’elaborazione dell’esperienza al ritorno.
Una volta che si è lì, non si sente la mancanza di niente, percependo una pienezza difficilmente riscontrabile nella vita quotidiana. La missione è anche e soprattutto una forte esperienza di Dio, i momenti della giornata sono scanditi dalla preghiera e la presenza di Dio la si ritrova in ogni volto che si incontra, soprattutto nelle missionarie della carità, suore che dedicano totalmente la propria vita per i poveri, e in abba Lacher, il direttore della casa salesiana di Soddo.
Dopo questa testimonianza, la parola è passata a Paolo Groppo, esperto di sviluppo rurale che da venticinque anni lavora nella FAO. Il nostro relatore ha iniziato parlando della terra, l’entità da cui noi umani estraiamo, mediante pratiche agricole, ciò di cui abbiamo bisogno per vivere. La terra ha i suoi tempi e va rispettata, la prima cosa che un contadino deve imparare non è produrre, ma riprodurre la fertilità che verrà estratta nell’attività agricola. La terra, poi, è molto di più, tanti popoli la considerano un essere vivente, la “pacha mama” (madre Terra). La nostra attenzione, nel mondo odierno, dovrebbe essere rivolta alle trasformazioni della terra da uso agricolo ad altri usi, trasformazioni che sono unidirezionali, cioè non si può tornare indietro. Il problema della fame e dello sfamare la popolazione mondiale, che aumenta sempre di più, è una questione sempre più urgente, le terre iniziano a non bastare e la loro disponibilità diminuisce per la destinazione non agricola, ad esempio oggi sono molto diffusi i biocarburanti e gli agrocarburanti: si ottiene energia bruciando prodotti agricoli. Come se non bastasse, l’attenzione di chi vuole investire sui terreni è rivolta sempre sulle terre migliori, che sono in diminuzione e nessuno si occupa delle altre terre meno produttive. Lo sfruttamento massiccio impedisce la naturale rigenerazione dei terreni, che hanno così maggiori probabilità di aridirsi.
Per incrementare la produttività dei terreni, si ricorre ad alcune sementi, che costano carissimo ( e il loro business controllato dal imprese private costituisce un’importante limitazione di libertà per gli acquirenti) ed hanno un notevole impatto ambientale. Bisogna anche considerare che diversi studi mostrano come ormai il potenziale genetico delle sementi sia arrivato quasi al massimo, cioè che la produttività non potrà aumentare di molto.
L’ideologia del profitto vede solo i terreni utilizzabili e non le persone che vivono in quelle terre e la cui vita magari dipende da quelle terre. Così grosse operazioni ed investimenti vengono fatti, soprattutto da potenti imprese multinazionali, senza la minima cura della gente, col solo scopo di arricchirsi.
Verrebbe da chiedersi: “Ma quindi le persone sono meno importanti degli affari?”.
Tanti decenni di anni fa il “land grabbing”, ossia l’accaparramento di terre, veniva effettuato dalle èlites nazionali, ora, con l’aumento della popolazione e del bisogno di terreni e, soprattutto, con la facilità della comunicazione e dell’informazione, è un fenomeno di vasta scala che coinvolge soprattutto i Paesi più ricchi a discapito di quelli più poveri, spesso usando la strategia di dividere e far entrare in conflitto le minoranze che rivendicano i propri diritti.
Qual è quindi la soluzione?
Per prima cosa bisogna ricostruire la società e ripartire dalla persone: ognuno di noi può contribuire a ricreare un ambiente che sia umano, basato sul riconoscimento e sul rispetto degli altri.
Non si può immaginare di risolvere il problema della fame se prima non si pensa a tutti i meccanismi che la circondano, bisogna agire prima su quelli.
E prima di cambiare il mondo, siamo noi a dover cambiare, con le nostre scelte individuali quotidiane per essere individui pensanti e non semplici consumatori di una società che targata Mc Donald, I-Phone e quant’altro, che ci dice cosa consumare, cosa fare, dove andare e che vita condurre.
Abbiamo concluso questo incontro leggendo un sogno di don Bosco (quello delle “due colonne”) che ci insegna come, nello scompiglio della nostra società, è la fede a poterci salvare, e pregando con le parole del cardinal Tettamanzi: “Signore, rendici uomini liberi dai desideri di possesso…”.
Infine, don Michelangelo, delegato ispettoriale per le missioni e le vocazioni, ci ha ricordato come la grande intuizione di don Bosco, che i salesiani cercano di attuare ogni giorno, è che l’educazione è la leva per cambiare il mondo, quindi sempre partire dalle persone in ogni cosa della vita.
Marco Fulgaro
CI VEDIAMO SABATO 24 GENNAIO, SEMPRE ALLE ORE 15:45 AL SACRO CUORE (VIA MARSALA, 42) CON UN INCONTRO DEDICATO ALLO SPRECO ALIMENTARE.
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