Andrea, un’attaccabrighe di primordine è diventato un ladro di futuro. Gli hanno staccato la corrente a casa per cui ha cominciato a rubarla collegandosi al contatore del vicino. “Mio fratello non può studià ar buio, Chicco!” Andrea spera per il fratello un futuro diverso da quello di tanti ragazzi e soprattutto dal suo che vive in un mondo in cui “vince” chi arriva prima, in cui gli Orchi che animano la suburra di quartiere trovano nei giovani un continuo ricambio di manovalanza necessaria per i loro affari.

«Andrea rappresenta tutti quei giovani sacrificati da una società che guarda al solo profitto e a formare persone che facciano funzionare la realtà in un certo modo invece di formare persone che la realtà la possano interpretare, comprendere e che assegnino senso ad essa … che è il vero scopo dell’educazione».

Così don Daniele Merlini, direttore del Borgo Ragazzi Don Bosco di Roma, apre l’incontro “Ladri di futuro – I giovani e le occasioni mancate: l’educazione come unica valida azione per garantire un futuro ai giovani” svoltosi il 24 novembre.

«L’educazione ha bisogno di tempo, è un processo dalle velocità variabili, ed è responsabilità di tutti noi, di tutta la società prendersi cura dei giovani. Se non lo facciamo noi, ci penserà qualcun altro…però lo farà per i propri interessi. E la devianza è l’estrema conseguenza del nostro “arrenderci”, del nostro venire meno al compito educativo. Mi ha colpito in questi ultimi giorni la lettura del rapporto CARITAS su povertà ed esclusione sociale in Italia, dal titolo molto esplicativo… “Tutto da perdere”, che mette l’accento sul dato più “scandaloso” di questo rapporto: nel 2022 vive in condizione di povertà il 13,4% dei minorenni. È un dato in peggioramento ed “è una sconfitta per chi si trova direttamente coinvolto nella povertà, ma è soprattutto una sconfitta per l’intera società, che si trova a dover fare i conti con una grande perdita di capitale umano, sociale, relazionale che sta producendo a lungo andare gravi impatti anche sul piano economico” (don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italia)» continua don Daniele Merlini.

Il Borgo Ragazzi Don Bosco fa dell’educazione la sua mission e in essa riconosce l’unica via percorribile per avviare i giovani ad una buona vita adulta, riconsegnando loro la speranza di un futuro migliore. Ma per fare ciò è necessario creare una rete, far nascere un “villaggio dell’educazione”, come dice Papa Francesco, una comunità educante che permetta di realizzare l’ambizioso progetto dell’educare.

È quanto sottolinea anche don Juan Carlos Pérez Godoy, Consigliere dei Salesiani per la Regione Mediterranea che insiste sul fatto che non si può educare da soli. L’ambiente educante, formato non solo dagli educatori ma da tutti coloro che concorrono ai processi educativi, deve mettere il ragazzo al centro, renderlo protagonista dei suoi processi di crescita riconoscendogli quella fiducia che lo aiuterà a sentirsi amato come diceva e voleva don Bosco.

Questo anche il senso della presenza, a questo evento, di istituzioni e di alcuni benefattori con i quali il Borgo Don Bosco vuole avviare collaborazione sempre più intense per dare risposte concrete e ragionevoli ai ragazzi. La solidarietà non può essere solo una virtù praticata da alcuni “buoni” e volenterosi ma deve diventare un principio sociale che promuova la giustizia e il bene comune da parte di tutti.

«Voi avete la fortuna di aver trovano nel Borgo Don Bosco un’enorme spalla, quella famiglia, quell’amore che vi aiuterà a canalizzare il disagio, la rabbia e la solitudine che vivete, per trovare un nuovo percorso di vita (…) anche in un momento in cui vi sembra impossibile» afferma Daniele Parrucci, Consigliere e Delegato all’Edilizia Scolastica, Impianti Sportivi e Politiche della Formazione di Roma Capitale, rivolgendosi ai ragazzi presenti in sala. «Le istituzioni devono obbligatoriamente sostenere realtà come questa» continua il Consigliere spiegando come la formazione pubblica viva oggi una situazione disastrosa e soprattutto inutile nelle risposte che può dare ai ragazzi; e se da una parte si rende necessario contrastare l’abbandono scolastico, dall’altra risulta prioritario adeguare l’offerta formativa e rafforzare il lavoro in rete con le altre istituzioni.

«In un periodo storico come quello che stiamo vivendo, ognuno di noi si sta chiedendo se siamo veramente capaci di educare, se tutto quello che stiamo facendo è veramente sufficiente» sottolinea l’avvocato Civita di Russo, Vice Capo di Gabinetto della Presidenza della Regione Lazio. «Sono proprio realtà come queste che devono essere aiutate e sostenute a piene mani dalle Istituzioni» e come per il Comune di Roma, anche la Regione Lazio pone l’accento su come le istituzioni devono creare alleanze per garantire ai giovani un futuro migliore. «I giovani non sono il nostro futuro. Sono già il nostro presente. Se non formiamo giovani sani, giovani coraggiosi, giovani speranzosi non avremo una società giusta che sa dare forza e speranza al loro modo di essere”. Non a caso, lunedì 27 novembre verrà aperto il primo tavolo istituzionale per entrare in dialogo con gli Enti del Terzo Settore e per avviare una coprogettualità tra pubblico e privato.

Ogni giovane dovrebbe avere la possibilità di conquistarsi il proprio futuro, al di là della propria buona volontà. Angelica Carnelos, Segretario Generale di Enel Cuore, la Onlus del Gruppo Enel, afferma come sia necessario intervenire soprattutto nelle periferie del nostro Paese per ridurre le disuguaglianze di opportunità. «Il valore di una società lo misuri su quelli che riesci a recuperare” sottolinea Angelica Carnelos “Nel rapporto Caritas si legge che ci vogliono 5 generazioni per uscire dalla povertà, cioè se nasci in una famiglia con difficoltà ci vogliono 5 generazioni perché tu possa avere un riscatto sociale». L’unico modello di riferimento, secondo Enel Cuore, non può essere che l’educazione, intesa a 360 gradi. Per questo Enel Cuore ha scelto di sostenere alcuni percorsi di inclusione sociale e lavorativa del Borgo Don Bosco rivolti a coloro che sono ai margini della società.

A conclusione degli interventi, la testimonianza di Elisabetta Cartoni, di Cartoni SpA, amica e benefattrice del Borgo Don Bosco, che racconta di quanto sia stata e sia ancora importante la formazione salesiana per la propria azienda. Da sempre, l’azienda ha riconosciuto nei salesiani una punta di diamante per la formazione, tanto che prima il nonno e poi il papà di Elisabetta andavano a bussare alla porta degli istituti salesiani per cercare personale da inserire nella propria azienda. «Noi oggi abbiamo 70 dipendenti. 45 provengono dalle scuole salesiane». Elisabetta racconta di come ognuno ha il suo posto in questa grande famiglia aziendale, di come ognuno si preoccupa dell’altro, di quanto è importare curare le relazioni all’interno dell’azienda, di quanto sia necessario interessarsi della vita di ognuno perché questo aggiunge qualità al lavoro svolto. «Penso che sia estremamente importante favorire il contatto tra le aziende e posti come il Borgo Don Bosco perché questo dà una valenza in più alla qualità del lavoro, alla piacevolezza di lavorare e stare insieme e alla progressione della società».

Non potevano mancare, per la realizzazione di questo evento, i veri protagonisti del Borgo Ragazzi Don Bosco: i giovani. Tanti in platea, tanti “dietro le quinte”, tanti a svolgere le proprie ore di lezione e tirocinio. Da sempre sono il cuore pulsante di tutte le opere salesiane; Alessia ed Aurora che hanno deciso di condividere la propria storia, ne sono state, in questo incontro, testimonianza vivente.

Un grazie speciale a Beatrice Fazi che si è messa nei panni di un educatore per raccontare la storia di Andrea, quell’attaccabrighe di prim’ordine che ci ha permesso di riflettere sulle occasioni mancate di futuro per i giovani: «Anche io, da ragazza problematica, solo quando ho sentito di essere amata, ho tirato fuori il meglio di me e ho fatto della mia vita un capolavoro (…) Tutti hanno diritto di essere amati e noi dobbiamo fare la nostra parte».

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