L’essere umano è per sua natura relazionale, fin dalla nascita cerca, per sopravvivere, la relazione con l’adulto, in primis con la mamma. Le ultime ricerche ci spiegano come la sua ricerca sia attiva, ha bisogno di nutrimento e calore. E anche dopo un po’ quando non è più una ricerca di sola dipendenza, ha bisogno di contattare gli altri per tutta la durata della sua vita. Tutte le difficoltà umane hanno, alla base, un’unica origine: “non mi sento amato”, “non mi sento visto dagli altri”.
In età giovanile, e in particolare nella pre-adolescenza e adolescenza, la relazione con l’altro, e in particolare con il gruppo di pari, assume un’importanza ancora più significativa. Gli amici sono quelli che ci capiscono, che ci fanno sentire grandi, sono quelli con cui condividiamo e sperimentiamo comportamenti nuovi, informazioni, sono quelli in cui ci specchiamo e da cui traiamo le risposte alle nostre domande. I coetanei assolvono ad un importante funzione, quella della costruzione della propria identità.
Nel nuovo secolo parlare ad un adolescente di relazione significa parlare di internet, di social-network, di chat. Condividere significa postare, fare un selfie e metterlo in rete. Non so se è capitato anche a voi di andare in giro e vedere passeggini con bambini molto piccoli, appena un anno, che hanno in mano il cellulare della mamma per stare buoni, concentrati su una cosa per non fare capricci. Il bambino guarda filmati, scorre con il ditino lo schermo, i più grandini giocano. Lo smartphone ha rubato il posto del vecchio sonaglino! Le nuove generazioni fanno esperienza con la tecnologia fin da subito.
Ma internet è solo da condannare? Sicuramente no. Come ogni cosa, forse, va dosata ed utilizzata consapevolmente, ed è forse proprio questo che va insegnato ai nostri figli.
Sembrerebbe che gli adolescenti maschi utilizzino internet prevalentemente per giochi on-line, mentre le femmine per svolgere i compiti a casa. La maggior parte degli adolescenti utilizza internet da soli e senza alcuna limitazione da parte dei genitori.
Il computer è sempre più personale e oltre il 54% lo ha nella propria camera con il 21.7% che naviga in internet la sera tardi prima di addormentarsi.
Secondo una ricerca di Save the Children Italia ONLUS su “ sessualità e internet: i comportamenti dei teenager italiani” condotta su ragazzi tra i 12 e i 19 anni, tra i comportamenti diffusi nella propria cerchia di amici, lo scambio di immagini o video personali a contenuto sessuale è del 22% degli intervistati, percentuale che scende al 17% nella fascia 12-14 anni, ma risale al 25% tra i 15-17 anni e al 26% per gli over 17 anni. In particolare il 14% specifica che ciò avviene al fine di ricevere regali come ricariche e ricompense in denaro.
Secondo un recente studio condotto tra studenti delle scuole medie e superiori , la media settimanale delle ore passate su internet è 17 per le superiori e 3.5 per le medie
Al di là dei rischi reali della rete su contenuti sessuali e pedopornografici, il ragazzo corre il rischio di spostare l’attenzione dai rapporti reali a quelli virtuali dalla propria identità in formazione al proprio avatar. On-line è più facile, possiamo fingere, disinibirci, la timidezza sparisce. Abbiamo migliaia di “amici” su facebook quindi siamo popolari! Il rischio è creare un’identità volatile e fragile, mentre la vera esperienza è quella che si fa nel reale, anche se a volte è complicato. L’incontro con l’altro è fatto di sguardi, di giusta armonia tra lontananza e vicinanza, di corpi che si ascoltano, che ci dicono di se e dell’altro e questo è possibile impararlo sono nella vita reale.
Quando preoccuparci se i nostri figli utilizzano troppo internet o peggio c’è il rischio di una dipendenza? Sicuramente quando ci si accorge di un allontanamento o un ritiro dalle relazioni reali, quando ci sono problemi a scuola correlati da un eccessivo uso del pc, magari per eccessiva sonnolenza in classe, quando le privazioni arrivano a toccare il cibo, il sonno, quando si verificano variazioni dell’umore, quando si mettono a rischio relazioni amicali o impegni scolastici per rimanere a casa al computer.
Allora i genitori si interrogano su cosa fare. La prima reazione è quella della minaccia “ora ti tolgo il computer/cellulare” ma questa è una reazione sbagliata che da un lato placa l’ansia del genitore ma dall’altra fa scattare nel ragazzo un senso di ingiustizia e di scarsa comprensione. Meglio sarebbe la strada del dialogo o ricorrere all’aiuto di un professionista. Farsi raccontare nei limiti del possibile, condividere contenuti e magari stupirsi che anche i nostri figli possono insegnarci qualcosa dal punto di vista della tecnologia. Perché la problematica è sempre relazionale e l’isolamento funge da terreno fertile per queste difficoltà.
Dott.ssa Patty Casillo