La narrazione dell’immigrazione e delle migrazioni forzate pretende una correttezza maggiore, bisogna rispettare l’uomo prima del suo status giuridico. Questo il tema dell’ultimo incontro della Scuola di Mondialità. svoltosi al Borgo Ragazzi don Bosco.

di Giorgio Marota

«Essere sradicati dalle proprie case». Utilizza questa metafora l’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees), l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, per descrivere il fenomeno delle migrazioni forzate. Il rifugiato è come un albero che perde le proprie radici, costretto ad abbandonare il terreno nel quale è cresciuto. Lo ha ricordato Andrea Pecoraro, avvocato, esperto in diritto dell’immigrazione e in diritto d’asilo, nell’incontro della Scuola di Mondialità di sabato 11 febbraio, dal titolo “Chiarezza giuridica: rifugiato, clandestino, richiedente asilo, profugo”. La scuola, aperta ai giovani dai 18 ai 30 anni, offre ogni settimana l’opportunità di riflettere sulle dinamiche del mondo, in ottica salesiana e missionaria.

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