SCUOLA DI MONDIALITÀ E MISSIONE LAZIO 2014-15
Siamo arrivati al terzo incontro della scuola di mondialità e missione, in cui abbiamo affrontato un tema molto importante, riferito alla spiritualità, perché per noi l’alimentazione è un concetto a 360°.
L’incontro è iniziato con la testimonianza di Sara, che la scorsa estate ha vissuto l’esperienza missionaria a Soddo, in Etiopia. Sara, oltre a raccontare ciò che ha vissuto, ha voluto sottolineare alcuni aspetti fondamentali per questo tipo di esperienze.
Tre le attività che hanno caratterizzato la missione: l’oratorio con i bambini, la visita nelle case delle famiglie povere con le missionarie della Carità e la messa in carcere.
I bambini hanno insegnato ai volontari italiani il senso della semplicità, mostrandosi sempre generosi e pieni di regali improvvisati; non lasciavano un attimo i volontari, neanche quando erano per strada. L’esperienza con le suore ha permesso ai volontari di toccare con mano la povertà e di conoscere storie molto particolari, di persone sempre accoglienti, anche nel loro piccolo, mettendo a disposizione tutto ciò che avevano. In carcere i volontari sono andati due volte, alla messa domenicale, trovando un ambiente diverso da ciò che potevano immaginare, con maggiore libertà, diversi luoghi adibiti a chiese all’interno e tante persone che lavoravano, tutti contenti per la presenza dei missionari.
Riguardo l’esperienza, Sara ha sottolineato quanto sia importante viverla in gruppo, soprattutto riferendosi ai momenti di condivisione, che permettono di tirare fuori emozioni, che tenute dentro si fa fatica a controllare. Bello è stato il rapporto con la comunità salesiana locale, ospitale al massimo. Il direttore dell’opera di Soddo più volte ripeteva : “E’ Lui che vi aspettava qui!”.
Non si parte per risolvere i problemi della gente che si incontra in missione, ma per donarsi completamente a loro. Importante è anche domandarsi, prima di partire, “Cosa voglio fare dopo quest’esperienza?”.
I cambiamenti principali, dopo il ritorno, riguardano la quotidianità e non c’è dubbio che c’è tanto bisogno di missione anche in Italia. Dopo questa bellissima testimonianza e una pausa, è arrivato il momento del relatore dell’incontro: don Giovanni d’Andrea.
I partecipanti all’incontro sono stati invitati a riflettere sul significato di: “sfamare”, “donarsi per sfamare”, “nutrirsi” e “fame”. Lo sfamarsi si riferisce ad un bisogno primario dell’uomo, un diritto, un riempimento che porta alla crescita, il colmare una fame chesi manifesta sotto diversi volti, si può infatti avere fame di speranza, di giustizia, di ascolto, di sicurezza, di senso, di coerenza…
Partendo dalle parole del salmo 144 “Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente”, possiamo affermare che nel nostro mondo dinamico e pieno di insicurezza, c’è qualcosa che per i cristiani non potrà mai mancare: Gesù Cristo, il pane di vita vero: pane di vita che si offre per nutrirci e, allo stesso tempo, ci invita ad offrire. “Date loro voi stessi da mangiare”: ognuno di noi è chiamato a “sfamare” le persone vicine, in modo differente per ogni tipo di fame e a seconda delle situazioni. Sappiamo bene che non è facile, noi siamo pieni di limiti e di fragilità, ma dobbiamo imparare a metterli nelle mani di Dio, come i cinque pani e i due pesci del miracolo raccontato nel vangelo di Matteo. Dobbiamo stare attenti anche all’orgoglio, perché quello che facciamo non deve mai esser fatto per la glorificazione di noi stessi. Il concetto di sfamare ritorna più volte nel Vangelo, dice Gesù “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare” perché “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. I più piccoli sono coloro che hanno più bisogno di aiuto per vivere la piena dignità, coloro che vivono la povertà, concetto molteplice e non riferito solamente al benessere materiale. L’Eucarestia è pane, frutto della terra e del lavoro, elementi che caratterizzano la nostra vita di ogni giorno, ma è anche un cibo di vita eterna, che colma la fame, non solo quella alimentare.
Nel “Padre nostro” diciamo, magari senza farci troppo caso, “dacci oggi il nostro pane quotidiano” e allo stesso modo ogni giorno ci viene chiesto qualcosa da Gesù per gli altri.
Quindi, è più importante combattere la fame materiale o quella spirituale? Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium ci dice che gli evangelizzatori con spirito pregano e lavorano, i due aspetti sono indissolubili, sono due facce della stessa medaglia, un aspetto conferisce senso all’altro.
Non si può quindi, anche in riferimento alle esperienze estive missionarie, trascurare il lato spirituale e curare solo la parte più pratica, di servizio, e viceversa. Don Giovanni ha terminato dicendo che questi discorsi sono da applicare al quotidiano e non devono rimanere belle parole al vento, occorre fare l’ordinario straordinariamente bene, come diceva Don Bosco a san Domenico Savio; sfamare fa rima con amare, questo è un invito a vivere a pieno la carità tutti i giorni.
Abbiamo concluso l’incontro leggendo la testimonianza di un commerciante che conobbe don Bosco e rimase molto colpito dalla sua semplicità, che si riscontrava anche nella frugalità dei pasti e nel netto rifiuto di qualcosa di più oltre la sua minestra e oltre le poche cose che possedeva.
La missione di Don Bosco era ed è con i giovani e per i giovani, e la ricompensa, lo stipendio che il santo prometteva a chi chiedeva di lavorare con lui era proprio “pane, lavoro e paradiso”.
Marco Fulgaro
CI VEDIAMO SABATO 13 DICEMBRE, SEMPRE ALLE ORE 16 AL SACRO CUORE (VIA MARSALA, 42),
IL PROSSIMO INCONTRO SARA’ “PANE, LAVORO E PARADISO” SPENDERSI PER “SFAMARE”…
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